La musica in Italia è in crisi, lo dimostrano i cali nelle vendite e soprattutto le “guerre” mosse dai discografici. Le prime ravvisaglie si sono notate in occasione del Festival di Sanremo, quando i discografici cercarono di opporsi al sistema del televoto poichè non avrebbe fatto incassare nemmeno un centesimo alle Major.
Oggi la questione si sposta tutta al conflitto in corso con le radio. Da qualche settimana infatti non vengono più trasmessi in radio i brani di giovani emergenti (casualmente tutti coloro che sono emersi grazie ad un talent show) come Valerio Scanu, Marco Carta, Marco Mengoni etc.
Il problema è che le principali emittenti radiofoniche italiane non accettano la richiesta dei discografici (iscritte al consorzio SCF) di pagare una percentuale più alta dei diritti.
“Le radio sembrano aver perso il senno: o rinunciamo ai diritti o non trasmetteranno i nuovi brani“- E’ l’accusa dei discografici – “le radio devono adeguare i compensi. Il minimo e’ il 2%, che paghino almeno quello, oltre agli arretrati. Ci devono quasi tre anni, ossia piu’ di 5 milioni di euro”
“Le radio – sottolinea Enzo Mazza, presidente Fimi– pagano piu’ di energia elettrica che di diritti. Il topolino viene accusato di schiacciare l’elefante. Ma le radio non ci stanno e dal 7 maggio boicottano le novità musicali oppure chiedono agli artisti di firmare una liberatoria che li esoneri dal pagamento dei diritti a Scf“.
Più moderata la posizione invece del neo presidente Sony Music Italia Andrea Rossi che spiega: “Il muro contro muro non giova a nessuno. Certo è che i nuovi scenari, le nuove tecnologie hanno cambiato radicalemente il modo di intendere i rapporti che esistono da sempre fra noi e le radio“.