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I-Day festival 2010: Trionfo di pubblico, ma la musica? Non convincono i Blink 182

L’I-Day Festival 2010 ha segnato la chiusara dei festival musicali estivi del 2010, in contrapposizione all’Heineken Jammin’ Festival che li aveva aperti. Nella seconda serata, che ha registrato il tutto esaurato, dopo che nella prima si sono esibiti tra gli altri Modest Mouse e soprattutto Arcade Fire, si sono susseguiti sul palco diversi gruppi del genere Pop Punk, quello che tanto piace alle ragazzine e ai ragazzi più giovani, partendo dagli italianissimi Leeches, seguiti dagli All Time Low, per poi arrivare ai tre gruppi più attesi, quelli delle leggere melodie come i Simple Plan guidati da Pierre Bouvier che riscaldano il pubblico ed iniziano a farlo cantare per poi farlo saltare, all’hardcore punk melodico dei Sum 41 che fa scatenare del tutto la folla e pogare in massa, senza dimenticare di farli cantare e di fare citazioni importanti, prima i Metallica con “Master of Puppets” e poi i Rolling Stones con la cover di “Paint It Black”, arrivando infine all’accenno di skate punk e alla simpatia delle canzoni dei Blink 182, gli headliner della serata.

I Blink-182, tornati insieme dopo cinque anni riescono ancora a richiamare molta gente, i numeri dicono circa 27.000 persone, distribuite all’Arena Parco Nord di Bologna, ma purtroppo spesso sembrano sotto tono, sarà per le circa sessanta date fatte in giro tra gli USA e l’Europa in meno di due anni, per il ritmo estenuante del lor tour, sarà perchè iniziano a non essere più giovanissimi e il loro genere richiede molte energie, sarà perchè l’acustica della location e l’impianto non erano all’altezza, o forse sarà solo perchè dal vivo i Blink 182 non sono performanti come da studio, eppure nel complesso deludono. I giochi di luce sul palco, le immagini che passano sullo sfondo, i video e tutto ciò che fa coreografia non bastano a rendere il concerto indimenticabile, almeno non per coloro che non sono fan accaniti (anche se tra le voci dei fan alla fine si nota un pò la delusione).

Il concerto dei blink-182 inizia comunque nel migliore dei modi, Mark Hoppus, Tom DeLonge e Travis Barker sembrano abbastanza carichi, aprono con la solita “Dumpweed“, seguita subito da tre famosissimi successi: “Feeling This“, “The Rock Show” e “What’s My Age Again?”, il pubblico canta, salta, si rallegra, è una festa, nonostante la voce che a tratti sembra veramente troppo bassa e la chitarra di Tom DeLonge che sembra mancare qualche colpo, già da qui si vede l’immensa capacità di Travis Barker, tiene botta e picchia più forte che può.

Con “I Miss You” arriva il momento romantico, il pubblico si emoziona e la sovrapposizione delle voci di Mark Hoppus e Tom DeLonge fa il giusto effetto. Gli animi si quietano un pò per poi rianimarsi quando arriva il momento di “First Date“, canzone che apre un’altra serie di brani che arrivano al culmine con la stranota “All The Small Things“, la quale è seguita da ulteriori tre canzoni con la finale “Anthem Part 2” che manda il trio californiano  in pausa.

Il ritorno sul palco è dei migliori, tocca a Travis Barker ed al suo assolo, si alza una piattaforma che inizialmente ricorda quella usata dai Muse nel loro concerto di Milano, ma che in realtà concede qualcosa in più, il batterista ruota mentre suona e viene piegato dapprima a 45° ed infine in un pezzo molto ritmico che gasa il pubblico continua a suonare addirittura a testa in giu in un giro a 360°.

Il finale arriva con tre pezzi che alternano la carica della band, prima “Carousel“, poi la stra-gridata ed oltremodo urlata “Dammit” ed infine chiudono i 35 secondi di “Family Reunion” mandano tutti a casa.

L’I-Day Festival 2010 si chiude così, tra l’allegria ed il dubbio, con molte cose da migliorare ma con ottimi presupposti. Sicuramente la scelta dei gruppi dovrà essere più eterogenea nei prossimi anni e non cercare di coprire solo la fascia di età adolescenziale. Per quanto riguarda l’organizzazione, anche in confronto all’Heineken Jammin’ Festival (che pure ha avuto i suoi problemi) c’è molto da fare, l’I-Day vince sul piano dei servizi offerti agli spettatori, molti punti di ristoro aiutati ancora di più dal luogo dove si svolgeva l’evento (dove erano inoltre presenti anche gli stand della festa dell’unità), punti dove è possibile acquistare qualsiasi cosa è necessaria per l’evento, peccato per gli steward che non sapevano indicare l’uscita, ma perde notevolmente nel confronto musicale vero e proprio, un palco piccolo e basso, un’acustica scadente, un impianto che sembra dare problemi e non aiutano.

In Italia si può fare bene, si può imparare dagli errori, noi attendiamo il prossimo anno un I-Day Festival (ma anche un Heineken Jammin’ Festival e tutti gli altri eventi) ancora migliore e ancora più divertente. Ci vediamo li, il prossimo anno!

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