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Bob Marley, 30 anni fa moriva il re del reggae

Oggi il mondo ricorda Bob Marley, noto cantautore e attivista giamaicano scomparso l’11 Maggio 1981.

Considerato ancora oggi l’indiscusso re del reggae, Marley ha abbandonato la vita terrena a causa di un cancro alla pelle curato solo superficialmente per via della sua religione (Rastafarianesimo) che impedisce le mutilazioni. Poche prima della sua morte si narra che le sue ultime parole furono per il figlio “Money can’t buy life“, “Il denaro non può comprare la vita”, a testamento, per l’ultima volta, per il suo distacco per i beni materiali.

Nato nel 1945 a Nine Mile, in Giamaica, da madre giamaicana e padre britannico costretto. L’unione tra i due non era ben vista dalla famiglia del padre che per questo fu costretto  ad abbandonare Bob e la madre. Del padre Marley diceva:
Non ho avuto padre. Mai conosciuto… Mio padre era come quelle storie che si leggono, storie di schiavi: l’uomo bianco che prende la donna nera e la mette incinta“.

I primi esordi musicali risalgono all’età di 16 anni con l’incisione dei due primi singoli, “Judge Not” e “One Cup of Coffee“. Tuttavia il suo percorso musicale lo porta a stringere una forte amicizia con Bunny Livingston con il quale diedero vita ad un gruppo ska e rocksteady chiamato “The Teenagers”  per poi diventare “The Wailing Wailers” e solo successivamente, con l’uscita di Braithwaite, Kelso e Smith, diventarono “The Wailers”. Nel 1974, dopo l’uscita dalla band di Peter Tosh e di Bunny “Wailer” Livingston, per intraprendere carriere da solista, Marley suonò assieme ad altri musicisti, tra i quali Chaltron “Charly” Barret alla batteria, Aston “familyman” Barret al basso, Al Andersonn e Junior Marvin alle chitarre, Alvin “seeco” Pattersonn alle percussioni e le coriste “I threes” Judy Mowatt, Marcia Griffiths e la moglie Rita Andersonn sotto il nome di “Bob Marley and The Wailers“. La consacrazione internazionale del genere Ska giamaicano di cui Marley si fece portavoce avvenne quando, nel 1973, Eric Clapton produsse una cover del brano degli Wailers, “I Shot the Sheriff“.

Nel 1975 Marley lasciò Bunny per iniziare una carriera solista lanciata dal successo planetario di “No Woman, No Cry“, singolo che dominò per settimane le classifiche di dischi mondiali. Nei suoi testi sempre un filo conduttore, la lotta sociale contro la schiavitù, così come cantava in “Redempiotn Song“: “Emancipate voi stessi dalla schiavitù mentale/nessuno a parte noi stessi può liberare la nostra mente“. Il suo impegno politico e sociale lo portò a ricevere nel 1978 la medaglia di pace dalle Nazioni Unite.

Poco prima della morte, il 27 giugno 1980 Bob Marley si esibì anche in Italia allo stadio San Siro di fronte a poco più di 100.000 spettatori. Il 23 settembre 1980 Bob tenne il suo ultimo concerto allo Stanley Theater di Pittsburgh, pubblicato di recente in un doppio disco. L’11 Maggio 1981 Bob Marley moriva in un ospedale in florida, nella sua tomba volle una pianta di marijuana e i suoi semi, un pallone da calcio, una Gibson Les Paul Solid Body, una Bibbia e un anello ricevuto dal principe etiope Asfa Wossen.

Per omaggiare questo grande artista scomparso, simbolo di tante generazioni, vi lasciamo a seguire il video di una delle sue esibizioni dal vivo.

Bob Marley – Redemption Song

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