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Il CD morirà nel 2012?

Tempi duri per il CD, che vede a serio rischio il trono conquistato nel tempo come supporto predefinito per la fruizione di musica: le maggiori etichette discografiche sono sulla strada di abbandonare l’utilizzo di questo supporto ottico con la fine del 2012 a vantaggio del download dei brani e dell’ascolto in streaming della musica.

Quelle che sembravano solo delle voci su un’eventuale dismissione del CD, supporto principe per l’ascolto della musica, potrebbero essere tutt’altro che false e portare ad una rivoluzione dove l’ascolto dei brani musicali avverrebbe solo tramite download o streaming, senza quindi nessun bisogno di avere supporti “fisici”: la crisi costante del mercato delle vendite dei CD e le perdite provocate dalla circolazione illegale degli MP3 sono state solo le gocce che ha fatto traboccare il vaso e che hanno portato le major a questa scelta per risparmiare denaro e per fronteggiare la crisi del comparto (argomento questo già sostenuto da Spotify nel lontano 2008), seguendo anche la scelta fatta da migliaia di ascoltatori verso quella musica cosiddetta “liquida”, cioè non legata a supporti solidi di sorta.

Da quello che si capisce dalle indiscrezioni trapelate, subito negate dagli addetti al lavoro, solo Amazon continuerebbe a proporre i CD del suo catalogo musicale al pubblico, beneficiando della nicchia di ascoltatori nostalgici o di quelli che faticano a perdere le loro abitudini musicali: i CD comunque ci metterebbero degli anni a sparire dagli scaffali dei negozi, combattendo con il vinile, ormai recuperato dagli appassionati e non usato soltanto dai DJ per i clubs, o addirittura seguendone le orme, non venendo quindi accantonato definitivamente, come accaduto anni prima per la musicassetta, ma continuerà a vivere per una nicchia ben precisa di pubblico, diventando il supporto delle edizioni limitate o speciali di alcuni album, diventando così pezzo da collezione.

E pensare che il CD, nato nel 1976 e presentato dalla Sony come nuovo supporto di massa (anche se la prima registrazione era la “Sinfonia delle Alpi” di Richard Strauss, eseguita dalla Filarmonica di Berlino guidata da Herbert von Karajan, un ascolto non proprio di massa…), era riuscito ad entrare nelle case di tutti negli anni’90… Oggigiorno i PC, gli smartphone, i tablet e i Music Store online, insieme a tutti gli altri dispositivi elettronici in circolazione, consentono facilmente di riprodurre la musica preferita senza dover avere un supporto fisico a portata di mano, come accadeva per il walkman nei lontani anni ’80 e ’90.

L’abbandono del Compact Disc porterebbe comunque notevoli vantaggi economici per le etichette discografiche, grazie al risparmio sulla produzione dei supporti, sul loro trasporto nonché sul loro immagazzinamento e sull’eventuale ritorno dei pezzi invenduti, tutte spese risolte in un solo colpo di bacchetta magica con la distribuzione unicamente digitale della musica. D’altro canto potrebbe invece portare alla morte di tutti i piccoli negozi che fondano la loro sopravvivenza sulla vendita dei CD, negozi destinati alla sparizione: in ogni cambiamento purtroppo c’è qualcosa di vecchio che scompare per fare spazio al nuovo.

La politica comunitaria a riguardo di questa faccenda si trova in una situazione alquanto delicata, dato che Spotify, il servizio di musica digitale che va attualmente per la maggiore, è nato in Svezia, diventando un’eccezione alla politica comunitaria sul diritto d’autore, invece molto restrittiva a riguardo. In Italia la situazione è completamente differente, dato che non esistono servizi di streaming musicale, dati gli alti costi dovuti a vari fattori come imposte sull’acquisto, percentuali per autori ed editori e ricarichi che hanno costretto anche grandi servizi come iTunes o Comes With Music di Nokia ad abbandonare la possibilità di diffondersi da noi, rendendo il CD ancora la scelta più economica, a prescindere dal costo del supporto ottico che è ammortizzato.

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