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Kyle: “This is water”. La recensione

Nel sottobosco delle produzioni indipendenti italiane, ogni tanto esce qualche disco che incuriosisce e meraviglia. Prendete per assurdo i Cure di Robert Smith e portateli ai Caraibi. Fatto? Bene, avrete i Kyle , gruppo calabrese nato dall’idea di Michele Alessi (Captain Quentin, Distape, Vinsent, Maisie) qualche anno fa, nella primavera del 2008, dalle canzoni composte nella sua cameretta. Idea che nel tempo si è rafforzata e che ha portato prima ad un Ep d’esordio di cinque brani nel 2010 e poi ad un disco vero e proprio, “This is water“, uscito il 19 Novembre 2011 per l’etichetta Overdrive Records in una confezione multiformato molto generosa, composta da un LP 12”, da un cd e da un coupon per scaricare il disco in mp3 ad alta qualità.

Il disco è imperniato principalmente sul suono della chitarra acustica accompagnata da una gran varietà di strumenti, dagli ottoni agli archi passando per le marimbe, i legni, i mandolini, il contrabbasso, tutti strumenti suonati dai moltissimi ospiti del disco, una ventina abbondante, e quasi tutti provenienti dalla scena musicale calabrese. E sono “canzoni da pioggia, o da sole filtrato dalle nuvole, sinfonie da cameretta o piccoli carillon da inizio settimana“, come dice lo stesso sito ufficiale del gruppo.

Kyle - This Is Water | © sito ufficiale

Il disco comincia con i ritmi allegri e caraibici di “Last Days“, un pezzo che colpisce subito al primo ascolto per il suo impatto piacevole e per la voglia di riascoltarlo, e prosegue con “Empty fragment“, un pezzo che ricorda molto le atmosfere di alcuni brani sperimentali dei Blur. Ma il disco è caleidoscopico e mutevole, come dimostra la canzone “How to fix a wrong night“, un pezzo più ritmato dei precedenti e che porta con sé reminiscenze della musica low-fi dei Pavement.

L’assonanza coi Cure viene fuori prepotentemente con “Doggy Bag“, una canzone lenta e che si basa su un buon giro di chitarra che rimane dentro. Passa il silenzio e si apre subito con l’organo elettrico di “Books“, un brano dal sapore quasi country e che convince soprattutto nel ritornello.

Grande cura nei testi, tutti scritti da Alessi e tutti in inglese, che mostrano una grande competenza nel cantato, come in “Clandestine song“, dove la chitarra slide e il violino sottolineano la sensazione di chi è partito per una vita migliore e sta morendo perché la sua nave sta affondando ma è lo stesso felice perché i suoi figli sono in un’altra barca e si stanno salvando.

Il disco lascia spazio anche a episodi più sperimentali come “Cowboy memories“, il pezzo che forse convince meno del disco, per poi rimettersi subito abbastanza in carreggiata con “Welcome Mark“, canzone che segue il flusso delle precedenti e che si fa ascoltare con molto piacere.

L’album si chiude con due canzoni molto differenti tra di loro ma che ben si integrano nel clima generale: la prima, quella che dà il titolo al disco, “This is water“, dominata dal suono dell’ukulele e che ricorda certi pezzi della tradizione musica italiana, e l’ultima, “Green sea“, un pezzo lento e dolce dove la chitarra si sposa bene con l’organo ed i cori per dare un bellissimo arrivederci.

Il disco è molto piacevole e ben suonato ma io vi consiglio, oltre che di comprarlo, di ascoltarlo anche dal vivo, convinto che l’intera impalcatura musicale dell’album regga benissimo in un contesto live.

Subito dopo la data di uscita dell’album, Kyle sarà in tour promozionale con la sua live crew ormai consolidata: ad accompagnare la voce e alla chitarra acustica di Michele, ci saranno Ignazio Nisticò all’ organo farfisa e Yandro Estrada alla semi-batteria (entrambi Camera237) e la chitarra di Aldo D’Orrico (Miss Fraulein). Vi consiglio di andarli a sentire, secondo me ne vale la pena.

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