Ricordare Kurt Cobain in maniera originale è un obiettivo impossibile: tutto, sul cantante che ha rivoluzionato un’intera generazione e, forse anche di più, è già stato detto. Lui stesso, fra pensieri distorti ed acuti, in tempi non sospetti, aveva scritto una riflessione sul potere delle parole e sul fatto che in esse non vi è più speranza di novità. Io ho deciso di provarci. Ci provo iniziando a ricordarlo con una delle milioni di foto che ancora oggi, a distanza di quasi vent’anni, continua a fare il giro del mondo. Ci provo cercando di dare un senso e un omaggio ad una delle personalità più belle, travagliate e complesse del secolo scorso. Gli idoli, le star, i cosiddetti vip sono sempre stati un’entità molto strana per me: persone quasi ideologizzate dal mondo mediatico ma di cui, ben poco si riusciva ad intravedere oltre la coltre della televisione. La prima volta che ho sentito i Nirvana sono rimasta alcuni minuti quasi in uno stato di inquietudine: la canzone, era “Polly” e da quel giorno non sono più riuscita a staccarmi dalla loro musica. Sentire quella voce diffondersi, quella voce rotta ma emozionante, quella voce che non mi avrebbe più abbandonato nel corso degli anni è stato uno dei momenti che ho più vividi nella memoria e, vi assicuro, di tempo ne è passato parecchio.
Kurt Cobain è una di quelle personalità di cui più si scava all’interno più si scoprono mondi, di certo non sempre gioiosi. I cosiddetti miti sono sempre un’entità da cui nel corso degli anni ho cercato di mantenermi il più lontana possibile ma, a distanza ancora di anni, riesco a sentire il potere di Kurt Cobain. Mito, idolo, icona, non sono parole che lo rappresentano: probabilmente, si sarebbe messo a ridere su queste definizioni e, quasi sicuramente, si sarebbe inquietato subito dopo, creando un mondo parallelo oltre le parole, esorcizzando le paure, le definizioni, le critiche, con un abbozzo di disegno, con un abbozzo di testo che poi avrebbe riutilizzato.
Omaggiare Kurt Cobain descrivendo la sua vita, non credo serva. Non serve perché nel corso del tempo sono stati scritti decine e decine di libri, biografie, ricordi sulla sua figura che partono proprio dalla nascita ad Aberdeen, un luogo per lui molto importante, un luogo che ora porta la scritta “Come As You Are“, un luogo che è pellegrinaggio costante, ancora oggi, di persone che vogliono assaporare, a distanza di decenni, il clima da lui stesso respirato; un luogo profondamente odiato. Partendo dal quel 20 febbraio 1967, l’infanzia di Kurt Cobain è stata successivamente da lui stessa scritta e definita in modalità diverse. Ciò che fu subito chiaro è stato il suo amore per la musica e il bisogno di trovare una stabilità interiore: il divorzio dei genitori fu qualcosa che Cobain non metabolizzò mai, anche a distanza di molti anni, anche a distanza di un successo ormai conclamato.
Qualche tempo fa, fra i vari libri acquistati sui Nirvana e su Kurt Cobain, mi sono trovata fra le mani una vera e propria perla. Un libro che tratto come una reliquia, un libro che qualsiasi amante di Cobain dovrebbe almeno una volta leggere ma soprattutto sfogliare. Charles R.Cross, già conosciuto per una delle biografie più accreditate su Kurt Cobain, dal titolo “Cobain. Più pesante del cielo“, ha realizzato un altro libro “Cobain Inedito” che definire semplicemente libro è davvero riduttivo: la storia del leader dei Nirvana viene raccontata mediante riproduzioni di oggetti da lui creati, bozzetti, schizzi, fotografie inedite, locandine dei concerti della band. La prima volta che ho letto e affrontato questo manuale, c’è stata, ancora una volta, una sensazione strana: Kurt si spogliava dei suoi abiti conosciuti e assumeva il ruolo di un ragazzo talmente fragile da essere spezzato con un solo sguardo. Kurt Cobain ha smesso di essere una star per diventare una delle personalità, a mio avviso, più belle che mi sono trovata ad affrontare.
La bellezza, in questo caso, assume una forma non sempre piacevole: Kurt Cobain aveva uno dei caratteri più difficili che la storia musicale si è trovata a gestire. In questo mio personale omaggio a Kurt, non ho voluto menzionare volontariamente più del dovuto Courtney Love. Ciò che io penso di Courtney esula da questo discorso ma, voglio in merito riportare uno stralcio tratto proprio dal libro di Charles R.Cross che a mio avviso spiega molto dell’alchimia fra Kurt e Courtney:
[…] Ma il legame che li univa, persino nel languore postcoitale, era molto più che fisico: era un rapporto emozionale, incomprensibile per amici e compagni. Stranamente i confidenti di Kurt pensavano che lui si stesse buttando via mettendosi con lei, e in parallelo gli amici di Courtney la ritenevano sprecata con Kurt. […]Era la prima donna che avesse mai conosciuto che, quando lui le raccontava storie della giovinezza, rispondeva dicendo che per lei era stato peggio. Divenne quasi un gioco a chi aveva avuto l’infanzia più schifosa, ma in questa unione Kurt trovò la normalità della propria vita. Come tutti, in un partner, voleva soprattutto amore incondizionato, ma quella notte al Days Inn scoprì in Courtney qualcosa che non aveva mai trovato negli altri rapporti: la comprensione.
Concludo menzionando loro Dave Grohl e Krist Novoselic. I Nirvana, senza di loro, non sarebbero stati i Nirvana: la storia è li per raccontare delle incomprensioni, dei litigi ma anche della profonda amicizia che ha legato il trio. Le notizie su Krist Novoselic, sono rade e lo ritraggono impegnato fra progetti musicali indipendenti e impegni politici e sociali; di Dave Grohl, invece, basta dire che ha creato la band rock più valida attualmente, i Foo Fighters. Immaginare Kurt Cobain senza Novoselic e Grohl, è come immaginare la storia della musica senza i Nirvana.
In questo articolo, ho dovuto fare delle scelte: non ho scritto dei Nirvana, non ho scritto della loro impensabile scalata al successo, non ho scritto di “Nevermind“, uno dei dischi che la storia della musica ricorderà nei secoli, non ho scritto di “In Utero“, uno dei dischi più complessi che la storia della musica ricorderà nei secoli, non ho scritto della fine. Ho scelto di tramutare in parole una fotografia di vita. I libri sopracitati e tutto l’approccio di Charles R.Cross l’ho trovato meraviglioso proprio perché l’impegno di Cross è stato quasi “distruggere” la parte visibile e conosciuta per giungere al nucleo più nascosto. Kurt Cobain non viene visto come un essere eccezionale ma come un ragazzo qualunque che nelle sue scelte ha sofferto, come un ragazzo qualunque che si è trovato a dover fare i conti con le sue paure, con i suoi incubi.
Concludo con l’inizio della prefazione di “Cobain. Più pesante del cielo” a cura di Stefano Pistolini:
Attenti a non innamorarvi troppo del signor Kurt Cobain, leggendo queste pagine che fedelmente ricostruiscono gli atti della sua breve vita. Oppure fatelo a vostro rischio e pericolo, con la consapevolezza che l’operazione non sarà indolore.
Nulla, di Kurt Cobain è indolore: basta schiacciare play a random, di qualsiasi canzone dei Nirvana e il dolore è visibile. Il dolore è comune.
Buon compleanno, Kurt.
Nirvana – Polly [Reading 1992]
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