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Madonna: “MDNA”. La recensione

Siamo finalmente giunti al grande giorno, quello che mezzo mondo stava aspettando impaziente: è finalmente uscito “MDNA”, il nuovo album di Madonna. Una cantante che non risente del passare del tempo, un camaleonte dell’arte capace di fiutare le tendenze del momento e dominarle indiscussa. Madonna con questo disco conferma il filone dance intrapreso nel 2005 con “Confessions On A Dancefloor” e portato avanti in “Hard Candy”. Sette anni fa fu la prima pop star a fiutare la fortuna che un avvicinamento a questo genere avrebbe potuto portare: dopo di lei Rihanna, Jennifer Lopez, Lady Gaga e molte altre che hanno capito che la dance poteva essere unita al pop e non solo relegata dietro una consolle nei club.

Arriviamo quindi a MDNA”, in cui Madonna va a toccare più sfaccettature di questo genere, e le va riconosciuto il merito di aver dato vita a 12 pezzi tutti diversi tra loro. Il rischio molto forte, quando si ha a che fare con la dance, è quello di appiattirsi in un unico suono piuttosto che in una particolare direzione, con conseguente effetto che le canzoni risultano fin troppo simili tra loro.

Dobbiamo essere onesti ed oggettivi: per quanto io sia nata e cresciuta nel regno di Sua Maestà del Pop Miss Ciccone, “MDNA” non si inserisce tra i miei album preferiti di Madonna. Lo so, ogni disco va ascoltato e giudicato per come è, senza fare troppi confronti con i precedenti e, giuro, ho cercato di pormi all’ascolto proprio con questo spirito.

Madonna | © Dimitrios Kambouris/Getty Images

Nonostante la buona volontà non posso che sentire la mancanza di un certo tipo di canzoni e di suoni, che talvolta però tornano a galla in alcuni passaggi di “MDNA”, con mio immenso piacere. Per altro non si può nemmeno dire che sia un disco noioso o peccante di originalità, tutt’altro, c’è molta varietà tra i pezzi della tracklist.

Dancing Madonna in “MDNA”

Già ne avevamo avuto un assaggio con i singoli e le anteprime che Madonna aveva concesso: partendo da Give Me All Your Luvin‘” a Girls Gone Wild, è evidente che si tratta di due ambiti completamente diversi, per quanto inscrivibili entrambi nella categoria dance pop.

Si passa da suoni che “pompano” di più e giocano con crescendo rapidi e sensuali, come “Gang Bang”, “I’m Addicted” e “Some Girls”, che si prestano ad essere veri e proprii riempipista delle discoteche di tutto il mondo, per arrivare poi a canzoni che giocano con il ritmo fino a suonare come piccole filastrocche, quali “Superstar” e “B-day Song”.

Pezzi come “Turn Up The Radio” o “I’m A Sinner” si vanno ad inserire di diritto tra i canoni del tipico brano dance tanto che, se non portassero la firma di Miss Ciccone, potrebbero essere scambiati per canzoni di David Guetta o Martin Solveig (che, in effetti, ha realmente firmato la prima di queste due tracce).

Cover "MDNA" (Standard Edition) Madonna

Stupisce e si differenzia particolarmente dagli altri brani della tracklist “I Don’t Give A”: nel finale si apre in un passaggio di archi e coro dai tratti inquietanti, che ricordano tanto le colonne sonore di film d’azione. Un cambio di registro in un brano nella prima parte tradizionalmente pop, un effetto shockante che distingue positivamente questo pezzo, dandogli un piglio di originalità.

Tornano gli archi anche in “Falling Free”, che chiude “MDNA”: una dolce ninna nanna che culla l’ascoltatore, una sorta di delicato saluto che la cantante statunitense vuole lasciare ai fan. Dopo tutto, ci troviamo al termine di una sessione dancereccia che ha affaticato le nostre membra in balli sfrenati: eccoci arrivare la fine della festa e con essa al relax.

Arriviamo poi a “Masterpiece”, che nel caotico e scatenato mondo strobosferico della dance si presenta come un’oasi di tranquillità e di pace insperati. Lasciando scorrere MDNA” nello stereo, si apre improvvisamente un momento di pura riflessione interiore.
Sembra quasi apparire davanti ai nostri occhi una scena da film: una ragazza che si allontana per un attimo dalla pista da ballo, per rimanere per 3 minuti da sola con se stessa. Uno squarcio di puro intimismo. Uno dei pezzi migliori dell’intero disco assieme a “Falling Free”.

Tirando le somme: buona qualità delle canzoni, alcune con picchi di inaspettata originalità che risultano particolarmente interessanti. La dance è bella, divertente, coinvolgente, ma un intero album improntato a questo genere rischia di appesantire un po’ troppo l’orecchio e, di conseguenza, chi lo ascolta.
Il nome Madonna, poi, impreziosisce qualunque cosa, rimane la più grande. Sempre.

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