In questo caso è doverosa una premessa: v’è una netta differenza tra il suono prodotto in sala di registrazione e quello che si avverte durante un live-set. Se poi ci aggiungiamo che oggi con tutte le diavolerie che la tecnologia ci offre è possibile – in studio, per intenderci – eliminare qualsivoglia “nota stonata” allora il gioco è fatto! Mica siamo rimasti a quarant’anni fa quando durante la registrazione di un album era possibile avvertire quell’alchimia tra l’ascoltatore e i musicisti impegnati nel proprio lavoro. Quel suono sporco ma minuzioso, ricercato ma non forzato poneva l’accento sulle sensazioni dell’ascoltatore – e all’orecchio – ponendolo in una posizione ben precisa: la musica o ti arriva o metti il cd nel dimenticatoio. Oggi invece no, non è così: sembrano tutti bravi cantanti e musicisti e cresce ancora di più la voglia di vedere… come andrà a finire.
Ma il discorso non vale per il concerto. L’essenza di un artista (nella fattispecie, una band) si avverte proprio in queste occasioni. E quindi la cosa diventa a tratti più semplice, meglio dire oggettiva: sul palco, con l’adrenalina alle stelle, la pressione del pubblico e i riflettori puntati contro o sai suonare – e quindi trasmettere agli ascoltatori – oppure no. E i Coldplay con Mylo Xyloto Tour ci sono riusciti in pieno, travolgendo pubblico, fan e giornalisti allo Stadio Olimpico di Torino in occasione dell’unica data italiana. Tutto parte proprio dal nome: Cold-play. L’uomo inglese è solerte ma sagace, rivoluzionario ma di un certo tono, diciamo radical-chic, ben attento a sbattere in faccia (a chi osa metterlo in dubbio anche solo per un momento) il patriottismo che da sempre lo contraddistingue. Ed è questo quello che i Coldplay trasmettono a chi apprezza la loro musica ma non può considerarsi di certo un fan, come i tanti che hanno affollato già dalle prime ore del mattino il piazzale antistante lo Stadio Olimpico rimodernato in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino 2006. Tuttavia, spenti i riflettori dello stadio per far posto ai tanto amati smartphone (e ai braccialetti distribuiti all’entrata per la sublime coreografia) – uniti alla mastodontica scenografia del palco, ecco che l’energia di Chris Martin e soci è pronta a travolgerti per circa due ore, lasciandoti con il sorriso sugli occhi di un bambino che scarta in fretta e furia i regali di Natale, desideroso di sapere cosa si nasconde dietro quella carta. E, nulla è mai come sembra. Soprattutto se l’immagine che hai di una band (che hai ascoltato fino a ieri soltanto tramite cd) – di questa band in particolare – non ti permette di andare oltre ciò che ascolti, sicuro della tua interpretazione. Ecco, tutto da rifare, o quasi. E allora procediamo per gradi!
Chi non conosce i Coldplay per successi come “In My Place”, “The Hardest Part”, “X&Y”, “Fix You”,”Shiver”, “Yellow”, “Clocks” (giusto per citarne alcuni) vuol dire che non ha ascoltato la radio negli ultimi dieci anni e mai una volta ha visto MTV, ma la forza espressiva – la sostanza l’hanno raggiunta nel 2008, anno in cui è stato pubblicato “Viva la Vida”. Da allora è cambiata la loro storia ed anche il modo di intendere la musica, quella popular giusto per usare un termine inglese. Quell’album è stato fin’ora la loro pietra miliare, e il contenuto è apprezzabile durante lo show. Giusto per intenderci: la potenza di pezzi come “Violet Hill”, “Viva la Vida”, “Lost”, “Lovers in Japan”, “Life in Technicolor” è davvero travolgente. Ed hanno provato a ripetersi con l’ultimo album: “Mylo Xyloto” – oggettivamente più commericiale del precedente ma non per questo svalorizzato da quello.
Coldplay Mylo Xyloto Tour Torino. L’Inferno:
Giornata afosa e soleggiata in quel di Torino, neanche un pò di vento che rinfresca i giovani accorsi da ogni parte d’Italia e d’Europa per assistere al concerto. Una ragazza era presente al concerto di Nizza un paio di giorni fa ed un’altra arriva in mattinata dalla Spagna, precisamente da Santiago de Compostela – giusto per dovere di cronaca. L’apertura dei cancelli è prevista per le ore 16:00 ma impaziente qualcuno si alza e da lì si innesca una reazione a catena, facendo sì che il vortice arrivi sotto i cancelli già un’ora prima dell’apertura. L’organizzazione è stata davvero efficiente, garantendo sicurezza e corretto deflusso delle persone, senza incidenti o lamentele. Dopo i primi controlli distribuiscono un braccialetto, identico per ognuno ma di colori diversi (dal bianco al verde al rosso al giallo al blu) e gli addetti invitano tutti ad indossarlo durante il concerto e il perchè viene svelato poi da un messaggio che appare ad intermittenza sui maxi schermi a tutto tondo presenti sul palco: il messaggio dice chiaramente “per cortesia, mettetevi il braccialetto, fa parte dello spettacolo. Durante il concerto si accenderà automaticamente” ma nessuno dei presenti si spiega nè come…nè il perchè. Entrata PRATO in Curva Nord, palco di fronte in Curva Sud che si erge da un’estremità all’altra del campo ma non eccessivamente alto, giusto per dare compostezza alla coreografia. Tre pedane (una centrale e due alle estremità laterali) letteralmente cavalcate da Chris Martin padrone e domatore del palco; una transenna (in gergo chiamata gabbia) che delimita lo spazio antistante il palco (PRATO GOLD) dal retrostante settore PRATO e le tribune piene fino all’orlo soltanto al calar della sera.
Coldplay Mylo Xyloto Tour Torino. Il Purgatorio
E comincia così l’attesa snervante. Il sole alto in cielo, quasi a voler fare un dispetto mettendo a dura prova la resistenza del pubblico (la maggior parte ragazzi) che ha invaso il settore PRATO, in attesa dei “fortunati” del PRATO GOLD che si son presentati di buon’ora – consapevoli di aver acquistato (legittimamente) un biglietto in prima fila. Solo una nota stonata dal momento che l’acqua bisognava per forza di cose acquistarla e, come avviene spesso e volentieri, ad un certo punto finisce la scorta e costringe il pubblico a stringere la cinghia. Intorno alle 19 e 30 Rita Ora, giovane cantante originaria del Kosovo, apre le danze cominciando a scaldare il pubblico richiamando l’attenzione; il microfono passa poi a Marina and The Diamonds altra giovane leva che resta sul palco per un’ora abbondante. Ma il pubblico è impaziente e comincia ad intonare ad alta voce il coro: “Olè Olè Olè Olè Cold-play Cold-play”, mentre sugli spalti comincia la OLA da una parte all’altra come le onde del mare che incessanti calpestano la terraferma. Ormai è quasi tutto pronto, l’arena è in attesa dei suoi gladiatori anticipati dai tecnici del suono ed addetti al palco (più di 600 persone) impegnati a registrare le ultime imperfezioni mentre i backliner accordano gli strumenti. Ore 21 e 20 i tendoni adattati a copertura degli strumenti vengono smontati ed un addetto stende lungo tutto il perimentro del palco – da un’estremità all’altra, comprese le passerelle – le luminarie. Ecco, il palco è pronto per essere domato.
Coldplay Mylo Xyloto Tour Torino. Il Paradiso
Ore 21:32. I riflettori dello stadio si spengono ed ora è tutto nelle mani dei Coldplay. Braccia, gambe, dita, passione e strumenti. L’intro è affidato a “Back to the Future” poi l’instrumental “Mylo Xyloto”, mentre i braccialetti cominciano ad accendersi emanando fasci di luce ad intermittenza: lo Stadio è un mosaico dai mille colori, un gioco psichedelico d’effetto con l’unica droga disponibile: la musica. Ecco il perchè del braccialetto!
Ed esplode – letteralmente – lo stadio sulle note di “Hurts Like Heaven” con i fuochi d’artificio disposti ad hoc sull’estremità più alta del palco. Spettacolo e scenografia…e la musica che travolge! Questa T-shirt verde che si muove come una trottola senza controllo da una parte all’altra del palco, imbevuta di sudore già sulle prime note, ed il gioco di ologrammi dei maxi schermi a tutto tondo e i fasci di luce che di riflesso sparano sulle vetrate poste all’altra estremità dello Stadio. Mentre i braccialetti ad intermittenza emanano colori e la gioia esplode tra il pubblico.
“In My Place”, senza sosta, un continuum con la prima canzone cantata a squarciagola da chiunque fosse presente mentre una pioggia di coriandoli invade l’Olimpico di Torino con i palloni di gomma come divertissement per il pubblico scaraventati da una parte all’altra del parterre.
“Major Minus” (tratta dall’ultimo album) vede Chris Martin imbracciare la chitarra ed intonare un possente giro con il tamburo suonato dal batterista polistrumentista Will Champion, capace di suonare – per l’appunto – la batteria intonare i cori ma imbracciatre a concerto inoltrato la chitarra e anche di suonare il pianoforte, non da meno tamburi e timpani come base sulla canzone “Viva la Vida”. Grande merito proprio per la mancanza di basi musicale pre registrate, perchè tutto interamente suonato al momento. L’onore passa poi alle note di “Lovers in Japan” e “The scientist” che vedono Chris Martin prima alla chitarra e poi al pianoforte, capace di mantenere per tutta la durata del concerto un certa compostezza con la voce, senza mai stonare nè deficere nelle tonalità.
“Yellow” non ha bisogno di presentazioni. Intro strumentale con Chris Martin alla chitarra, molto leggero, giusto un momento prima che Will Champion potesse scaricare tutta l’adrenalina su rullante, tom, tamburi e piatti. Segue senza sosta “Violet Hill” (dall’album Viva la Vida) roba da accapponar la pelle con il gioco di luci braccialetti e coriandoli, seguita da “God Put a smile Upon your Face”.
La seconda parte si è svolta quasi per intero sulla passerelle, quasi a cercare il contatto con il pubblico. Quattro ragazzi, un pad per il batterista la chitarra ed il piano per Chris Martin (pronto all’occorrenza a scambiarsi di posizione con Will Champion come ad esempio per l’improvvisata “Speed of Sound”) chitarra solista e basso per Jonny Buckland e Guy Berryman. A parte il grande impatto emozionale e musicale di canzoni come “Paradise”, “Charlie Brown” e “Viva la Vida” l’unica nota stonata della seconda parte è stato il singolo “Princess of China” che ha visto Rihanna nei maxi schermi cantare su base musicale mentre Chris e soci facevano il loro lavoro.
La terza parte ha visto l’esecuzione di “Speed of Sound” e “Us Against the World” su una passerella disposta proprio al centro dela PRATO, con Chris Martin che invocava la voce dei 50.000 presenti ieri sera (c’è chi dice 40.000 mentre proprio Chris Martin ha chiesto la voce dei 60.000 presenti) che, in ogni caso, lo hanno fatto sentire a casa a tal punto da sfoggiare una bandiera dell’Italia ed intonare ad alta voce che gli italiani sono il pubblico più caloroso che un artista possa avere la fortuna di incontrare.
L’ultima parte ha visto l’esecuzione di tre grandi successi (nonchè singoli) come “Clocks”, “Fix You” e in chiusura “Every Teardrop is a Waterfall” sulle cui note il pubblico si è scatenato in una danza senza fine. Hanno salutato con l’inchino e ringraziamenti a gran voce, mentre Chris Martin si accinge a baciare il palco in segno di riconoscenza al pubblico accorso in terra italiana.
Giusto per concludere il gran lavoro di Chris Martin ha dato i suoi frutti, correndo come un toro sul palco (sostenendo oggettivamente uno sforzo consistente) arrivando a rompere addirittura una chitarra per un colpo di testa – perdonabile, data l’atmosfera presente! Peccato solo per la parentesi Rihanna e per la durata dello show (1 ora e 45 minuti) mentre rimane un unico e solo dubbio: non in tutti – sia chiaro – ma in alcuni testi non si riesce a ben capire cosa voglia esprimere per davvero Chris Martin, sospeso tra un burrone (Lost!) e il Paradiso.
Complimenti per davvero. Da rivedere!