Aspettavamo il nuovo disco dei Tre Allegri Ragazzi Morti già da diverso tempo e l’attesa è stata ripagata. “Nel Giardino dei Fantasmi” è un disco illuminante e piacevole, un disco che non scorre liscio sulla pelle senza lasciare traccia alcuna ma entra dentro, nel profondo; s’insinua grazie a melodie etniche e a testi che dimostrano il potere descrittivo e narrativo del gruppo. Proprio mentre riascoltavo il disco per l’ennesima volta, anche Jovanotti ha parlato dei TARM e del nuovo lavoro definendolo con parole che farebbero entusiasmare qualsiasi artista. Rivolgendosi alla band, Jovanotti ha così twittato: “Cari @treallegri avete fatto un disco bellissimo, il vostro più bello. Un vostro fan da sempre”. Ancora una volta Jovanotti ci vede lungo perché il disco lascia esterrefatti.
La band non è certo nuova nei circuiti underground nazionali, anzi, il gruppo si formò nel 1994 a Pordenone e da allora ha promosso molte iniziative nonché la creazione dell’etichetta “La Tempesta Dischi” oltre ad album che meritano una menzione come “Mostri e normali” passando per “La testa indipendente” toccando “Il sogno del gorilla bianco” e “Primitivi del futuro”. Passiamo però ad analizzare questo nuovissimo disco che segue cronologicamente “Primitivi del dub”, edizione remix in chiave dub dell’album “Primitivi del futuro”, targati entrambi 2010.
“Nel Giardino dei Fantasmi” è il settimo disco dei Tre Allegri Ragazzi Morti, l’ottavo se consideriamo anche l’album remix sopra menzionato. E’ stato pubblicato il 7 Dicembre 2012 per La Tempesta Dischi, fondata nel 2000 da Enrico Molteni, bassista dei TARM.
Tre Allegri Ragazzi Morti – “Nel giardino dei Fantasmi”
Il maggior pregio dei Tre Allegri Ragazzi Morti è la profonda attualità dei loro testi; testi che non riescono mai a sembrare banali o fuori tempo e spazio ma perfettamente inclini allo spirito attuale ed in grado di formare un abito cucito addosso all’ascoltatore. I Tre Allegri Ragazzi Morti sono ritornati dopo due anni e quello che ci si aspettava da loro era sicuramente un buon disco ma “Nel Giardino dei Fantasmi” è molto di più. La band sembra aver ritrovato una luce nuova, se possibile ancor più vivida, vitale e serena rispetto ai precedenti lavori che, comunque, costituiscono e restano delle pietre fondamentali della fetta “alternativa” della musica italiana.
Per descrivere musicalmente il disco, i Tre Allegri Ragazzi Morti hanno utilizzato la seguente frase: “Un disco etnico, ma di un’etnia immaginaria”. Per tutto il lavoro infatti è ben presente la cosiddetta “World music”, suoni etnici accompagnati da strumenti come il mandolino, l’ukulele, il balafon, i cucchiai e il cajon senza dimenticare ovviamente la batteria e le percussioni, il basso e le chitarre. Il suono che ne risulta è basato sulla musica caraibica, passando per quella indiana toccando il sound dell’Africa senza dimenticare il tanto amato dub e reggae già presente nella discografia dei TARM. “Nel Giardino dei Fantasmi” prende a piene mani dalla musica delle altre culture, sembra quasi che i TARM abbiano voluto spogliarsi dei suoni occidentali per approfondire meglio generi musicali già esplorati ma mai con questa precisione.
Tracklist di “Nei Giardini dei Fantasmi”:
- Come mi guardi tu
- I cacciatori
- Bugiardo
- La mia vita senza te
- Alle anime perse
- La fine del giorno (canto n. 3)
- La via di casa
- Bene che sia
- E poi si canta
- Il nuovo ordine
- Di che cosa parla veramente una canzone?
“Come mi guardi tu” è un brano esotico che introduce l’ascoltatore in un clima molto “intimo” che ruota attorno al mandolino. Si passa poi a “I Cacciatori”, sicuramente una delle canzoni più belle del disco che riporta l’ascoltatore in pieni anni Novanta. Il testo è qualcosa di sublime, ricorda vagamente il cantautorato dei Baustelle, giusto per fare un nome recente della scena alternativa: “Non guardarmi così perché ho quindici anni/ Non ho avuto il tempo di diventare rockstar/ Che in Italia i tempi sono da elefanti”.
Un brano che si appiccica addosso e difficilmente abbandona l’ascoltatore. Rimane lì, a conferma che “Nel Giardino Dei Fantasmi” lascerà molti segni. Come spiegato dalla stessa band, la canzone racconta la storia di un ragazzo di quindici anni scomparso nel 1994, proprio quando si suicidò Kurt Cobain e dissotterrato oggi dal giardino della casa dove fu ammazzato. La canzone vede in primo piano proprio l’adolescente che parla in prima persona. Ne “I Cacciatori” si ha una tematica o meglio molte tematiche che potrebbero dare adito ad almeno un libro sull’argomento ma i Tre Allegri Ragazzi Morti affrontano tutto con una visione nuova e lucida, con una vena cantautorale che merita solo applausi.
“Bugiardo” è un atto d’accusa che ricorda i “vecchi” Tre Allegri Ragazzi Morti seppur la melodia è scandita da un’atmosfera africana, con inserti soul, alcune perle d’annata dei TARM sono lì a ricordarci che seppur la band ha voluto esplorare nuovi continenti musicali, la discografia degli inizi non è certo stata cancellata. Si arriva poi a “La Mia Vita Senza Te” che è un altro “pezzone”. Una ballata dolce ma di una dolcezza sicuramente particolare con un’architettura reggae, d’altra parte una canzone così dai TARM può farci solo che piacere. Anche in questo caso tutto si gioca sull’eco, in quanto “Nel Giardino Dei Fantasmi” è un album così gradevole ma allo stesso tempo pieno di molle in grado di far scattare altrettante riflessioni che, una volta premuto play, il repeat è una pura conseguenza.
La prima volta che ho ascoltato “Alle anime perse” mi sono immaginata una cena fra amici o familiari che finisce in una serata di revival nostalgico dove l’ultimo atto è quello di cantare all’unisono il brano. Ormai i termini per definire il disco iniziano a ripetersi ma, anche questa ballata si incolla addosso e vi assicuro che appena la canzone sarà finita vi ritroverete a canticchiarla tutta, dall’inizio alla fine. I TARM sanno coniugare alla perfezione un testo tutt’altro che semplice e facile ad una melodia che invece è leggera e trascinante. Una modalità sicuramente invidiabile, in grado di saper raccontare storie di vita, non sempre gioiosa e felice, ma in modo profondamente diretto e naturale, in modo limpido e pulito.
Siamo solo alla sesta ma anche proseguendo verso la seconda metà del lavoro è quasi impossibile trovare una canzone che stona in mezzo alle altre. I brani sembrano assemblati con gusto e astuzia ma, quando si ha del materiale del genere, il risultato è assicurato. “La fine del giorno (canto n°3)” e “La via di casa” sono i classici brani che live ci si ritrova a cantare senza neanche accorgersene.
In particolar modo “La via di casa” risulta essere un vero e proprio canto liberatorio che ricorda immediatamente la precedente discografia dei TARM, un vero e proprio inno che non si fatica a credere verrà inserito a tutti gli effetti fra le canzoni di riconoscimento del gruppo. Per quanto riguarda invece “La fine del giorno (canto n°3)” quello che balza all’orecchio è un blues incontaminato che si eleva ad essere un vero e proprio canto popolare. Si prosegue con “Bene che sia” ed “E poi si canta” che portano avanti questo filo cantautorale molto ben evidente in questo disco anche se per “E poi si canta” è doveroso citare “Il Pasto Nudo” di William S.Burroughs e quella spruzzata di folk che rende il brano, ancora una volta, un canto corale. I testi sono la forza dell’album e sono una forza sorprendente.
“Nel Giardino Dei Fantasmi” si conclude con “Il nuovo ordine”, una lenta ballata che accompagna, con ritmi afro conditi dal blues, l’ascoltatore, quasi per mano, verso la fine di questo disco che può solo strappare un voto non indifferente. “Di che cosa parla veramente una canzone?” sembra quasi essere l’epilogo di tutta la discografia della band ma, in generale, anche dell’intera musica. “Di che cosa parla veramente una canzone?” è la perfetta chiusura di un lavoro superbo. I Tre Allegri Ragazzi Morti dipingono emozioni musicali che altro non sono se non un racconto di vita dei giovani d’oggi e di ieri. Viene spontaneo pensare alla crisi, alla difficoltà economica che si sta attraversando ma i TARM utilizzano una chiave di lettura diversa. Utilizzano la capacità di saper portare in scena testi di una bellezza rara e sconvolgente assemblati ad una melodia etnica di un’etnia immaginaria, citazione d’obbligo.
Voto: Dite la vostra!
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