“3 generazioni stanno a Vasco come 3 sta al numero perfetto”. Quando si parla del Rossi più noto d’Italia nn è facile trovare le parole – ne hanno già scritte, dette e ridette chiunque dai fan, agli imbonitori, ai detrattori – ma un cosa è certa: segno di cattiva educazione è non riconoscere l’amore che un popolo così eterogeneo mostra senza riserve al suo “Komandante”. Che c’è da chiarire un punto fondamentale: per gli esterofili dichiarati risulta difficile riconoscere che un cantante italiano (cantautore, poeta, artista, rockstar…chiamolo come ci pare!, ndA) riesca a riempire gli stadi, i tempi di “Vasco uccide Madonna e i Rolling Stones” sono passati (così titolavano i giornali all’indomani del primo concerto allo Stadio San Siro di Milano il 10 Luglio 1990), ma oggi si godono i frutti di quella semina. Già, perchè Sabato sera tra le prime file c’era anche l’altro Rossi più noto d’Italia, “TheDoctor46”. E non solo.
Il Live Kom ‘013 è un discorso ripreso, ripreso per continuare un percorso. Per riportare un pò di gioia. Ce lo dice Diego Spagnoli (storico stage manager del Blasco nazionale) in fase d’apertura. Ce lo raccontano le facce del pubblico in fibrillazione. Hanno atteso due anni per rivedere Vasco Rossi sul palco e l’attesa snervante sembra non aver scalfito l’animo di quei diavoli ribelli che affollano il prato e le tribune tutte. 29 canzoni in scaletta (contando il medley e l’interludio) per 2 ore e 30 minuti di concerto, un’orgia di anime, ognuno in fonda persa…dentro uno stadio! Sfidano l’aria asfissiante, il caldo torrido manco fosse pieno Agosto, quell’umidità che la notte regala…a chi resta sveglio. Da ogni parte d’Italia corrono, scalpitano, ansimano, cantano: questo è il popolo di Vasco. La scaletta la si conosce già dopo il poker allo Stadio Olimpico di Torino, la cornice è diversa e non cambia la sostanza. E’ il tricolore il simbolo di questo Live Kom ‘013.
Questo è un diario…di bordo e ce lo racconta un fan che ha assistito alla prima data la sera di Sabato 22 Giugno. Il tris allo Stadio Dall’Ara di Bologna è alle porte (l’ultima data è attesa il 26 Giugno), ci confessa che è una strana sensazione (ri)vivere quelle sensazioni che mancano da circa due anni a questa parte: il tempo per trovare le parole lo troverà ma ora è tempo di entrare nel viaggio e vedere cosa succede.
Ore 23:30, Venerdì 21 Giugno 2013: dalla stazione ferroviaria di Bologna allo stadio il tragitto sembra interminabile, tuttavia piacevole per il semplice fatto che ad incontrarsi sono tre gruppi di ragazzi (marchigiani, abruzzesi e campani) conosciutisi appena un minuto prima anche se la sensazione è quella di conoscersi da una vita. La quiete dei passeggeri del mezzo pubblico è messa a dura prova dai cori di questi balordi, qualcuno guarda infastidito mentre l’autista sorride sotto i baffi: c’è Vasco e sarà così almeno fino a fine settimana prossima. Quindi, forza e coraggio!
Ore 00:00, Sabato 22 Giugno 2013: arrivo allo Stadio Dall’Ara di Bologna. 26 tende già montate e circa 250 persone in attesa. Numero destinato a crescere esponenzialmente fino a notte fonda quando, tra abbracci, saluti e “Ti ricordi?!”, un ragazzo reduce dalla giornata di lavoro, in compagnia della ragazza, arriva in auto per salutare i suoi compagni di viaggio sulle note di “Siamo solo noi” sparata dai watt dell’impianto stereo della sua automobile. Il preludio dura fino alle 3:00 circa quando, tra lacrime e applausi dei presenti, confessa: “Tra 4 ore devo tornare a lavoro: ci vediamo domani!”. E via così, sparito nella notte.
Ore 4:00, Sabato 22 Giugno 2013: la quiete dei dormienti viene messa a dura prova (anche qui!) da un gruppo di “bestie” che esortano i presenti ad alzarsi, ad uscire fuori allo scoperto, non c’è tempo per dormire. E così…
Ore 09:00, Sabato 22 Giugno 2013: il popolo di Vasco è in movimento. Tutti cercano tutti, tutti salutano tutti, tutti brindano con tutti. Ma la bolgia è ancora in attesa di esplodere.
Ore 13:30, Sabato 22 Giugno 2013: Voci veloci rotolano di qua…e di la. Le persone in fila per il prato già sono in piedi, ammassati tra loro in attesa che la sicurezza riceva l’ordine di aprire i cancelli. Giusto mezz’ora. Panico. Questo è il fottuto mondo del rock!
Ore 14:00, Sabato 22 Giugno 2013: eccoci! Siamo qui! I posti di blocco sono solo un ricordo oramai. Siamo vivi (..e dobbiamo farci sentire…!).
Ore 18:00, Sabato 22 Giugno 2013: ci stai capendo qualcosa? No?! E allora viviti il momento, cazzo! (si può dire, cazzo?!)
Ore 20:58, Sabato 22 Giugno 2013: la hola corre veloce da un capo all’altro della tribune dello stadio Dall’Ara, i cori si alternano veloci, il palco sta per essere domato!
Ore 21:00, Sabato 22 Giugno 2013: Maurizio Solieri (chitarra), Matt Laug (batteria), Clara Moroni (vocalist), Alberto Rocchetti (tastiere), Frank Nemola (keyboards, tromba e cori), Claudio “Gallo” Golinelli (basso), Andrea “Cucchia” Innesto (sax e cori), Stef Burns (chitarra). Eccoli qui. Sono loro! Sono solo loro!
Entra Vasco sulle note de “L’uomo più semplice” sorretto da una pedana mobile al lato sinistro del palco: si, proprio come fu a San Siro nel 1990 (come come nel precedente Il Blasco Tour del 1989) e nel 2001 durante lo “Stupido Hotel Tour”. Giacca di pelle, jeans, scarpe rosse e occhiali…nuovi! Gli zaini si perdono nel parterre, le mani e gli occhi creano un vortice di energia indescrivibile: tutti convergono sul quel fottuto palco! E via con “Sei pazza di me”, “Non sei quella che eri”, “Starò meglio di così”, “Domenica Lunatica” (tratta dall’album “Liberi Liberi”). Il nuovo arrangiamento di “Come Stai” con l’inconfondibie basso del Gallo e….beh “Quanti anni hai”. “Siamo soli” è la canzone numero 8 e poi…“Ogni volta”. “Su ogni volta ho pianto” – ci confessa – ma badiamo bene a non chiedergli perchè… (“ogni volta / che qualcuno / si preoccupa per me”).
“Manifesto Futurista della Nuova Umanità” è filosofia di cui ce ne troveremo a (ri)parlare tra 10 anni o poco meno e arriva il momento dell’ “Interludio 2013”. “Ora, parliamoci chiaramente” – ci dice – “se è vero che paghiamo lo scotto di aver importato dall’estero il filone della musica rock, così è vero anche il fatto che questa parte strumentale è stata creata di sana pianta da tutti questi musicisti, italiani. Ah, no dimenticavo” – prosegue – “ci sono anche due americani, Stef Burns alla chitarra e Matt Laug alla batteria (quest’ultimo ha suonato anche con Slash)”.
Giusto il tempo di respirare ed eccola: “C’è chi dice no” con l’arrangiamento come fu per il tour Fronte del Palco 1990 e l’inconfodibile (anche questo!) tocco magico della chitarra di Maurizio Solieri. Nel frattempo arriva Valentino Rossi e anche Marco Materazzi con figli al seguito. “Gli Spari Sopra”.
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L’intro stile floydiano di “…Stupendo” rende pienamente giustizia alla capacità d’esecuzione e al talento di questi musicisti, ascoltare per credere. E poi…e poi “Questa è una canzone che ho scritto quando avevo 15 anni. O forse l’ho scritta ieri e ho ancora 15 anni”. Ce lo racconta Vasco. “Non l’hai mica capito” tratta dall’album “Colpa d’Alfredo” è puro delirio. Delirio semplice. “Eh già” è stroncata per un micro-secondo dall’emozione (“il fred.. (sigh!) …ndo arriva / poi va via!”) e gli applausi partono a go-go, dal pubblico tutto raggiungono il palco perchè (“la notte ha da passà”).
Il medley: “Rewind/Gioca con me/Delusa/Mi si escludeva/Asilo Republic” è pura teatralità, Vasco canta e il pubblico balla. “e avanti così/ poi sca-ppe-reeee-mo dalla terra” è la storpiatura della frase finale della canzone “Mi si escludeva” tratta dall’album “Nessun Pericolo per te” (“e avanti così/ poi co-miii-n-cerà la guerra!”).
“Canzone” e “Vivere non è facile” fanno coppia con “I soliti” e “Siamo Solo Noi”: già perchè sulle note di quest’ultima tutto è un eterno ritorno alle radici, tutto (ri)parte dal principio… “Siete Solo Voi”. Diego Spagnoli ci presenta la band, così com’era. Così come è! E poi “Sally” e poi “Un Senso” e poi “Vita Spericolata” e poi…e poi…e poi…“Albachiara” con Vasco che non vuole andar via dal palco ma sa che deve farlo. “Questo è solo un arrivederci!”. Lo ha detto lui, eh. E se lo dice lui…
Congediamo questo giovane fan tutto d’un botto e senza salutarlo. Anche perchè glielo si legge in faccia che non sa cosa dire. Figuriamoci se è in grado di raccontarci qualcosa, anche giusto per qualche impressione a caldo. Si scusa con noi perchè ci ha promesso di fare qualche foto ma non ci è riuscito. “Non ho avuto tempo” – ci dice.