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Katy Perry: “Prism”. La recensione

“Prism” è il quarto album in studio di Katy Perry e non servono grandi conoscenze di fisica ed ottica per capire quanto questo titolo sia perfetto per descrivere tutto ciò che esso contiene. Spesso e volentieri ci troviamo di fronte a dischi il cui nome, nonostante ripetuti ascolti, non ci è ancora chiaro, nome scelto con chissà quale intento massonico e che persino un esperto decriptologo farebbe fatica a spiegare. Ciò non accade con questa ultima fatica discografica della cantante californiana, la cui intenzione è immediatamente spiegata proprio dall’immagine del prisma, oggetto che da secoli affascina studiosi e non per la propria capacità di riuscire a dividere la luce bianca in tutte le altre frequenze (i colori) che la compongono. E proprio questo è ciò che la Perry ha fatto attraverso questo album: “Prism” riesce a prendere tutti sentimenti, le sfaccettature e le peculiarità di questa artista e rifrangerli alla perfezione. Ogni canzone rappresenta una piccola parte del mondo dell’artista che l’ha scritto, in un collage che rischierebbe di apparire disomogeneo, se non fosse per la personalità di Katy Perry, che alla perfezione unisce tra loro tutti i brani.

Nell’ascolto delle 13 tracce che compongono “Prism” si corre attraverso generi, epoche storiche, persino culture provenienti dai più svariati Paesi del mondo. Un grande pastiche che parte dal pop per toccare stili ed atmosfere che poco sembrano avere a che fare gli uni con gli altri. Proprio come i colori dell’arcobaleno, che a prima vista potrebbero apparire inconciliabili tra loro, ma uniti danno un’unica luce.

Cover "Prism" Katy Perry
Cover “Prism” Katy Perry

Lo ha raccontato lei stessa, la Perry, questo album segna la sua rinascita emotiva dopo il difficile periodo vissuto a livello personale lo scorso anno (basti pensare alla separazione dal marito Russell Brand). In “Prism” è raccolta tutta la positività di una donna che ha scelto di riprendere in mano la propria vita ed affrontare il futuro più forte che mai. Non a caso per anticipare l’album ha scelto un brano come “Roar”, che, pur non particolarmente originale per le immagini proposte nel testo, piuttosto banale, ad onor del vero, rappresenta in pieno lo slancio positivo che tutto questo disco vuole avere.

Solarità ed allegria sono da sempre due aggettivi in grado di descrivere alla perfezione le atmosfere dei pezzi di Katy Perry ed anche in “Prism” ne troviamo numerosi esempi. A questi, raccolti maggiormente nella prima parte del disco, si contrappongono brani più sommessi e ballad, tenuti nella seconda metà della tracklist.

Ecco, quindi, svelata la natura di album della gioia, album da ballare grazie a “Walking On Air” (pubblicato in anteprima nel countdown al rilascio), ma anche la funkeggiante “Birthday” che subito rimanda agli anni ’70, “This Is How We Do”, dalle incursioni r’n’b (come la sorella “Dark Horse” realizzata con Juicy J e dalle sonorità hip hop cupe) ed in cui in più momenti si ha la sensazione di confondere la voce della Perry con quella di Ke$ha. E ancora “International Smile”, prototipo perfetto del tormentone estivo, che rimanda ad hit del passato più recente come “Teenage Dream”.

Il rovescio della medaglia è dato da pezzi più intimisti come “Unconditionally”, secondo singolo estratto e vero lento riempipista, ma anche “Ghost”, delicata ma potente ballata ingentilita da quartetto d’archi nel bridge ed alla quale si accosta per sonorità “Double Rainbow”, ed il brano di chiusura “By The Grace Of God”, con crescendo scandito da tamburi che subito si spegne e poi riprende ad esaltare la voce della Perry. Uno dei brani migliori dell’album, quest’ultimo.

In questo secondo filone si inseriscono anche “Love Me”, con lieve presenza di elettronica a dare corpo ad un brano altrimenti da inserirsi negli standard pop ed invece resa così più interessante, e “This Moment”, dall’intro che immediatamente rimanda alla precedente “Hot & Cold” per poi lasciare spazio ad un brano meno divertente ma più intenso, sebbene suoni come qualcosa di già sentito.

Menzione a parte merita “Legendary Lovers”, seconda traccia della tracklist per la quale la Perry ha attinto direttamente dalla cultura indiana. Suono di sitar che introduce prima ed accompagna poi l’intero pezzo, si snoda tra la voce pura e netta della sua interprete e distorsioni ed effetti sonori tipici della musica indù, che perfettamente si accordano con il carattere da favola millenaria di un amore tormentato.

Giudizio complessivo:

Troppo spesso si tende ad utilizzare il termine “pop” con connotazione negativa, come se con questa parola volessimo classificare un tipo di musica facile, non troppo impegnativo, standardizzato. Ma il pop, così come tutti i generi, bisogna saperlo fare. Katy Perry non lo scimmiotta, in “Prism” propone brani interessanti e dal risultato qualitativamente omogeneo. Non ci sono pezzi che spicchino per particolare straordinarietà, ci troviamo piuttosto di fronte ad un album ben concepito, che si pone l’obiettivo di toccare sfaccettature differenti, riuscendosi, certo, ma senza effetti stupefacenti.

 

IL NOSTRO PARERE IN BREVE

Un album in cui Katy Perry propone brani pop interessanti e dal risultato qualitativamente omogeneo

PANORAMICA RECENSIONE

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