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La PFM riporta Fabrizio de Andrè in vita a Bologna

Era uno dei concerti più attesi in questo inizio primavera a Bologna, visto anche il sold out, e non ha deluso le aspettative: ieri sera 12 marzo, al Teatro Europaditorium, in occasione del quarantennale dei live “Fabrizio De Andrè” e “PFM in concerto” e a 20 anni dalla scomparsa del cantautore genovese, la Premiata Forneria Marconi è salita sul palco per il tour celebrativo “PFM canta De Andrè Anniversary” che tornerà a Bologna il 27 maggio prossimo.

Questo tour ha visto la presenza di Franz Di Cioccio (batteria, percussioni e voce), Patrick Djivas (basso), Lucio Fabbri (violino, tastiera e chitarra), Roberto Gualdi (batteria), Alessandro Scaglione (tastiera, voce), Marco Sfogli (chitarra elettrica), Alberto Bravin (tastiere aggiuntive, chitarra acustica e voce), Michele Ascolese, chitarrista storico di Faber, e il gradito ritorno alle tastiere di Flavio Premoli.

Il concerto comincia, in un teatro gremito, con la voce di Di Cioccio che chiede agli spettatori di conservare il biglietto perchè la band ha in mente una sorpresa: subito dopo compare la band sul palco e si odono le note di “Bocca di Rosa“. L’emozione del pubblico è palpabile e gli astanti vengono trascinati dai ricordi e dalle musiche di “La guerra di Piero” e “Andrea“, prima di applaudire a scena aperta la band appena terminatra l’esecuzione di “Un giudice“.

Poco dopo sono “Rimini” e “Giugno ’73” a introdurre il pezzo più grosso del concerto, l’esecuzione del disco “La buona novella” e la spiegazione di quanto ha significato sia per la PFM che per De Andrè stesso, così affascinato dal suonare con una band così diversa da lui. Questo pezzo del concerto si apre con la lettura di una citazione di Faber stesso, “Io considero Cristo il più grande rivoluzionario della storia. Lo considero un uomo perché se lo si considera un Dio non lo si può imitare”. Si comincia con “L’infanzia di Maria” e si prosegue con “Il sogno di Maria” e “Maria nella bottega del falegname” prima di chiudere questa parentesi con “Il testamento di Tito“.

A questo punto arriva il momento più emozionale di tutto l’intero concerto: Franz Di Cioccio dice che è arrivato il momento di abbracciare spiritualmente De Andrè e sparisce dal palco mentre la sua band comincia a suonare “La canzone di Marinella“. Per magia, negli altoparlanti compare la voce di Faber, che viene accompagnata alla perfezione dai musicisti sul palco, e sul volto di tutti i presenti scende una lacrima. Ho chiuso gli occhi ed era come essere in una speciale macchina del tempo, in un luogo dove Faber non è ancora morto e continua a essere tra noi. Riaprire gli occhi e non trovarlo sul palco è stato doloroso.

La band si riprende dall’emozione e intona “Zirichiltaggia“, una canzone in sardo di Faber sul litigio tra due pastori per una questione di eredità. Il pubblico viene poi trascinato dalle note scanzonate di “Volta la carta” prima di chiudere il concerto con la perla “Amico fragile“. Il gruppo saluta ma viene richiamato a gran voce e prima intona “Il pescatore” e poi pesca dal suo passato con “Celebration” e un inizio accennato di “Impressioni di settembre” prima di salutare il pubblico dopo circa 1 ora e 40 minuti di concerto.

        dalla pagina Facebook ufficiale della band

Che dire, la PFM è sembrata assolutamente in gran spolvero e gli scatenati membri del gruppo hanno dato vita a uno spettacolo con pochi eguali: certo, il portare in scena un mostro sacro come Fabrizio de Andrè è assolutamente improbo, a meno che tu non abbia suonato, parlato e vissuto con lui e sappia il rapporto che vi legava e vi ha legato nel corso di questi anni. Questa commemorazione sonora ha avuto il grande pregio di mescolare fasce di pubblico completamente differenti che si sono tutte riunite per celebrare Faber con un gruppo di suoi carissimi amici. E, forse, un modo migliore per festeggiare un anniversario, per quanto sia reso doloroso dall’assenza di Fabrizio, non c’è.

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