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Happy Family: la recensione

Non lo vedevamo in sala dal 2008, sbarcato con “Come Dio Comanda“. Gabriele Salvatores ritorna con “Happy Family” dimostrando la sua abilità di passare dalla commedia al dramma senza intaccare il suo stile inconfondibile. “Happy Family” è la storia che Alessandro Genovesi aveva portato a teatro trasformata in film destinato alla sala cinematografica. Ezio (Fabio De Luigi) è il narratore di questa storia e sa di volerne raccontare una, di voler realizzare un film d’autore, ma gli manca l’ispirazione narrativa. I personaggi che inventa entrano talmente tanto a far parte della sua vita che si ritrova circondato da loro nella sua casa, o li vede spuntare dal monitor del suo pc. A quel punto la fantasia inizia a confondersi con la realtà, tanto che risulta difficile distinguerle. Perchè Ezio, oltre a raccontare le storie, ci si butta dentro e le vive pienamente, in mezzo a tutti i suoi personaggi in cerca d’autore. Attorno a lui ci sono i genitori di Marta (Diego Abatantuono e Carla Signoris) e i genitori di Filippo (Fabrizio Bentivoglio e Margherita Buy). La famiglia strampalata di Marta incontra la famiglia borghese della Milano bene del “particolare” Filippo, con la nonna affetta da Alzheimer e la sorellastra (Valeria Bilello), capace di suonare divinamente il piano, ma assalita da diversi complessi.

Locandina di "Happy Family"
Locandina di “Happy Family”

La struttura del film è particolare, le presentazioni dei protagonisti rimandano vagamente ai personaggi di Jeunet, Salvatores gioca molto sui colori e il loro accostamento a seconda delle scene e dei personaggi che tira in ballo. Ci scappa anche il cameo di Sandra Milo, tanto per far pensare anche solo per un istante a “8 1/2” di Fellini. Le battute sono spesso ingenue e semplici, mai volgari, ma riescono a strappare comunque una risata. Le ambientazioni sono costruite con attenzione al dettaglio, ma la storia e lo stile del film forse non sono accessibili a tutti. Forse una delle scene migliori del film, se non la migliore, è la Milano in bianco e nero che scorre e che vive, vive davvero, con le note di piano in sottofondo. Rimanda ad atmosfere oniriche e ad un neorealismo appena abbozzato, ma è la vita reale quella che scorre sulla pellicola. La vita di Milano nelle ore notturne, la vita della città che non si ferma mai. E dentro la città si incrociano le storie delle due famiglie e dentro a queste storie arriva anche Ezio, che si innamora di Caterina, la strana pianista complessata. Questo è un film che il regista/Ezio dedica a tutti quelli che hanno paura. Ed infatti ogni personaggio confessa timidamente le proprie paure, è un fluire di sentimenti e sensazioni, di una storia che sembra non riuscire a trovare la conclusione adatta. Così Ezio decide di darle un finale che non è un vero finale. E i protagonisti invadono la sua casa, il suo ambiente e si ribellano. Ognuno di loro vuole avere la parte e il tempo che si merita. Ezio si convince e bene o male il suo epilogo riesce a crearlo. Ognuno ha ciò che si merita, ognuno ha quello che la storia vuole che si meriti. In una Milano col sole, strano a dirsi, con i gabbiani che volano in una città senza mare, tra gli spinelli di Abatantuono e un malinconico ed afflitto Bentivoglio, tra scene comiche e un pizzico di dramma alla Salvatores, la realtà si confonde con la fantasia dell’autore, che narra una storia prendendo spunto dai più piccoli particolari presenti attorno a lui: un vinile di Simon e Garfunkel, una cartolina di Panama, la sua vicina di casa. E le paure, in tutta questa confusione, iniziano ad essere, forse, sempre meno nitide. Citazione da memorizzare, che riesce a sintetizzare la pellicola: “Preferisco leggere o vedere un film piuttosto che vivere… nella vita non c’è una trama” (Groucho Marx).

 

IL NOSTRO PARERE IN BREVE

Buon Film - Salvatores si diverte a giocare con i personaggi e i loro destini, un burattinaio perfetto per una commedia delicata e piacevole.

PANORAMICA RECENSIONE

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