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Sex and the City 2: la critica “preventiva” di Maria Laura Rodotà

Film da incriminare per cincorvenzione di anziane”, recita il titolo dell’articolo scritto da Maria Laura Rodotà su “Il Corriere della Sera“. La giornalista stronca preventivamente “Sex and the City 2“, attesissima pellicola di Michael Patrick King in uscita il 28 maggio, che riporta nuovamente sul grande schermo le quattro amiche newyorkesi, quelle della serie tv che ha spopolato in tutto il mondo, quelle che “Da icone” si sono trasformate in “carampane urlanti“.

Locandina di "Sex and the City 2"
Locandina di "Sex and the City 2"
Certo l’età avanza e la credibilità delle loro gesta dentro e fuori Manhattan inizia ad acciaccarsi, ma Sarah Jessica Parker e co. sembrano non risentire del tempo che passa. Piuttosto qualche problema potrebbe generarlo la crisi economica, che tocca tutto e tutti ed è impossibile lasciarla fuori, ne parla anche la giornalista:

La protagonista Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker) e il suo (dopo lunghe trattative) marito Big (Chris Noth) ne sono duramente colpiti. Tanto da doversi trasferire in un appartamento 12 piani più in basso di quello in cui vivevano a Manhattan. Son brutte cose. Ma per fortuna, Carrie e amiche hanno ancora sufficienti fondi per cambiarsi sedici volte al giorno e per fare viaggi non low cost.

La Rodotà non va poi tanto lontano dalla realtà, il film attira moltissimi spettatori ma sotto sotto non c’è consistenza: Non l’ho visto e non mi piace – dichiara – Anzi (pur non avendolo visto) mi piace ancor meno del film numero uno; che già trovai (fantozzianamente) una boiata pazzesca. A stroncare il film è un’appassionata della serie che rimpiange le battute geniali della tv, diventate ormai forzate e “non più argute” sul grande schermo. E nonostante l’avanzare della crisi sono dieci milioni di dollari i soldini spesi in abiti firmati, che sono la colonna portante del film, in sostanza.

Produttori e regista del secondo, a leggere le anticipazioni, potrebbero essere incriminati per circonvenzione di anziane. Cioè, dai quaranta in su, noi. Perché: vedere una sontuosa fantasticheria può far piacere. Ma trasformare (era un loro diritto commerciale, ma dispiace) quattro simpatiche icone delle donne contemporanee in ridicole carampane ululanti può non entusiasmare. E rimbecillirle consumisticamente (non sono mai state frugali, né ecocompatibili, né comuniste; però in tv erano autoironiche sul loro consumo vistoso, almeno), di questi tempi, non è bello. Così, a pochi giorni dall’uscita, c’è chi si pone qualche domanda. Per esempio.

Già a vedere il primo film, era chiaro che la storia fosse forzatamente mandata avanti perché era stato  previsto un successo clamoroso. All’arrivo del secondo, il tentativo è lo stesso e c’è chi non esclude anche il terzo film, ma per carità, questa volta i microfoni cerchiamo di non riprenderli!

Locandina di "Sex and the City 2"
Locandina di "Sex and the City 2"
Polemiche rivolte anche alla location. Non solo Manhattan, ma anche gli Emirati Arabi. La curiosità sta nel fatto che le quattro amiche, la Parker insieme a Kim Cattrall, Cynthia Nixon e Kristin Davis, hanno dovuto girare le scene in Marocco, poichè ad Abu Dhabi la loro presenza è stata giudicata “immorale”:

In uno stato che, fa presente il britannico Guardian, «i diritti umani sono sistematicamente violati e le donne sono continuamente oggetto di violenza. Dove una donna che accusa degli uomini di stupro rischia di venire imprigionata per adulterio e condannata alla fustigazione. Dove un esercito nascosto di lavoratrici domestiche dall’India, dall’Etiopia, dalle Filippine, dal Bangladesh non hanno diritti e sono abitualmente sottoposte a orribili abusi fisici, sessuali e psicologici, in condizioni lavorative spaventose, spesso equivalenti a una servitù perpetua interrotta solo dal poco sonno che è a loro concesso. Nel gennaio di quest’anno, le Nazioni Unite hanno aspramente criticato le politiche degli Emirati Arabi Uniti sulla questione femminile. Chiedendo conto alla delegazione degli Emirati delle ragioni per cui è stata chiusa una casa-rifugio per donne vittime di abusi, e perché le donne che lì erano ospitate sono state trasferite in un centro di detenzione, dove almeno una di loro si è uccisa bevendo varechina».

L’articolo si chiude con un: Avete ancora voglia di sognare con le quattro amiche nel deserto? Buona visione. E sicuramente la maggior parte delle spettatrici deciderà di continuare a sognare e di fregarsene della crisi, resterà ad ammirare i dieci milioni di dollari di abiti indossati su corpi che rimangono (apparentemente) sempre giovani, ammirerà locandine photoshoppate. Ma questo è il fascino del cinema:

Il regista e sceneggiatore Michael Patrick King giustifica il tutto citando il cinema della Grande Depressione. E ricordando come, anche allora, il pubblico si ritemprava andando a vedere sontuose fantasie escapiste.

Michael Patrick King, infatti, l’ha capito bene, altrimenti non sarebbe arrivato ad azzardare tanto. Si sa che il sequel è sempre un gran dilemma, ma le premesse per questo ci sono tutte, a dispetto del simpatico attacco preventivo della Rodotà, che ha trovato un ottimo modo per garantirsi visibilità e che, dopotutto, non ha poi nemmeno tanto torto. Che dopo la depressione post-Pandora non arrivi anche quella post-Sex and the city?

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