Dopo il convincente esordio de “La ragazza del lago”, giallo esistenziale accolto molto bene nel 2007 alla Settimana della Critica del festival di Venezia e vincitore l’anno seguente di ben dieci David di Donatello, la curiosità e le aspettative legate al ritorno dietro la macchina da presa di Andrea Molaioli non erano poche. Sulla carta il tema trattato poteva certo presentarsi come un terreno scivoloso, nel quale sarebbe stato sin troppo semplice scivolare nel retorico o nella stereotipizzazione. L’opera seconda di Molaioli infatti, pur curandosi bene di modificare tutti i nomi dei personaggi e delle aziende coinvolte, fa chiaramente riferimento al tragico scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio che ha visto protagonisti in primo luogo l’amministratore delegato Callisto Tanzi e la sua azienda Parmalat negli anni novanta e nei primi anni duemila.
Coadiuvato da una sceneggiatura firmata dallo stesso Molaioli insieme a Ludovica Rampoldi e Gabriele Romagnoli, “Il gioiellino” ripercorre con chiarezza e un invidiabile ritmo drammaturgico-narrativo genesi e sviluppo della frode finanziaria, mostrando gli avvenimenti con un’affascinante e realistica freddezza (elemento narrativo, questo, già centrale ne La ragazza del lago) ed evitando abilmente l’incalzante pericolo di cadere nella banalizzazione o nello scontato. Parafrasando il titolo di un film di Carlo Mazzacurati, l’impressione è che Molaioli con “Il gioiellino” (il nome con il quale Rastelli/Tanzi chiama orgogliosamente la sua azienda considerata simbolo del “made in Italy”) sia riuscito a trovare la giusta distanza rispetto a ciò che voleva rappresentare. Astenendosi così da coinvolgimenti emotivi comprensibili ma che avrebbero potuto portare fuori strada il film nel suo intento, per così dire, di documentazione cinematografica. L’opera, inoltre, è anche piuttosto stimolante e vivace dal punto di vista stilistico e Molaioli si propone come uno dei registi formalmente più interessanti del panorama cinematografico italiano contemporaneo. Quella che ne risulta è una rappresentazione agghiacciante e distaccata di un mondo finanziario marcio e totalmente privo di quei valori che invece Rastelli/Tanzi non perde occasione di millantare. Un mondo in cui naturalmente gli incroci con la politica (ma non solo) sono stretti e proficui.
Per chiudere, qualche breve riflessione sulle interpretazioni. La prova di Toni Servillo nei panni del ragioniere Botta/Tonna, fido consigliere economico di Rastelli/Tanzi, è straordinaria nella sua misuratezza e rigidità. Se l’attore campano si conferma ad altissimi livelli recitativi, molto buone sono anche le prove di Remo Girotti (Rastelli/Tanzi) e dell’affascinante Sarah Felbelbaum (la nipote dell’amministratore delegato). Quest’ultima, per la prima volta alle prese con un ruolo importante, dimostra di saper dare profondità e credibilità ad un personaggio anche piuttosto sfaccettato e “Il gioiellino” potrebbe rappresentare per la sua carriera una notevole svolta.