Con l’arrivo di “Boris – Il film” potremmo iniziare a sperare in una resurrezione della commedia italiana, anche se molto probabilmente si tratterà di un caso isolato, visto che lo stesso “Boris” è una critica-diagnosi sulle condizioni in cui riversa il cinema italiano.
Arrivato direttamente dalla serie tv prodotta dalla Fox, “Boris – Il Film” non è deludente per gli affezionati seguaci della serie. Si tratta, infatti, di uno di quei pochi casi in cui il riadattamento per il grande schermo non suona forzato e distorto, ma anzi, offre un risultato del tutto apprezzabile. Il regista Renè Ferretti (Francesco Pannofino) è in piena crisi professionale e dopo aver girato “Il giovane Ratzinger” capisce di dover mettere da parte una volta per tutte il mondo della fiction, soprattutto dopo aver girato una scena troppo trash anche per lui, che di certo non ha mai brillato per le sue grandi opere. Ferretti decide di dare una svolta netta alla sua carriera e, nonostante pare che nessuno abbia realmente fiducia in lui, rinuncia a “Sottaceto” e riesce ad ottenere il permesso per girare un film su “La casta”, il famoso libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo (gli stessi autori coinvolti in “Silvio Forever“). Carriera nuova, troupe nuova: Ferretti si libera di tutti i vecchi assistenti per ricorrere ad una nuova troupe che però si prende gioco di lui. Renè inizia a capire ancora meglio il meccanismo del cinema e capisce anche che per realizzare la sua opera deve, via via, scendere a compromessi. Ritorna, quindi, alla sua vecchia troupe ed inizia a girare il film, anche se non mancano gli intoppi. Il primo è la timida e introversa attrice Marilita Loy (Rosanna Gentile), un’evidente parodia di Margherita Buy, riuscita benissimo e promossa con lode. I problemi arriveranno anche con la presenza dell’attricetta Corinna Negri (Carolina Crescentini), la “cagna maledetta”, che diviene il classico esempio di ragazza disposta a fare qualsiasi cosa pur di ottenere successo. Il problema più grande di tutti, però, è l’attore Francesco Campo (Claudio Gioè), che muore proprio durante il periodo delle riprese. A quel punto, Renè non deve più scendere a compromessi, ma cambiare totalmente i suoi piani e arrendendosi al sistema: “La Casta” si trasforma in un cinepanettone.
“Boris – Il film” scorre piacevole e divertente, tra citazioni e satira più pungente che mai e con riferimenti fin troppo intellettuali, rispetto alle commedie demenziali a cui siamo abituati. I bersagli più evidenti, oltre al cinema ovviamente, sono i cinepanettoni e il Vaticano. Il cinema italiano si trova in piena agonia e quel che ne emerge è che si può fare tutto, se fatto male. Attori con crisi esistenziali ed altri presi dallo sballo fino all’eccesso, convinti di essere degli dei, sarebbero disposti a qualunque cosa, anche a sborsare di tasca loro, pur di apparire anche solo per pochi istanti sullo schermo. L’esempio più chiaro è proprio Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti), pronto al suicidio pur di interpretare Gianfranco Fini nel film e di ottenere un primo piano. Il cinepanettone, invece, considerato un genere assolutamente da tenere alla larga, diventa poi l’unica via d’uscita per Renè Ferretti, ma fondamentalmente, ormai sembra essere diventato l’unica via d’uscita anche per l’Italia stessa, che premia le commediole leggere e lascia morire tutto il resto. Il riferimento al Vaticano è più che chiaro con la fiction “Il giovane Ratzinger”, che racconta appunto la giovinezza del Papa, ma tra una battuta e l’altra, è evidente anche il sarcasmo della petizione per spostare il Vaticano in un’altra nazione. La politica, poi, è sempre in primo piano, diventa un tutt’uno con il cinema ed il risultato è che tutto è mafia. La mafia divora ogni cosa, i politici sono immersi nel mondo del cinema e lo influenzano (vogliamo pensare alla Medusa?), di conseguenza, non rimane più niente di pulito.
Va messa in evidenza la presenza dei tre bizzarri e nullafacenti sceneggiatori (Valerio Aprea, Massimo De Lorenzo, Andrea Sartoretti) che reclutano una squadra di giovani ghostwriters pur di non sporcarsi le mani lavorando. Il succo del discorso è questo: tutti si sporcano le mani, ma non vogliono farlo lavorando. Renè, il protagonista, che ha deciso di mettere da parte una volta per tutte il trash della fiction italiana, si ritrova in questo vortice dal quale sembra davvero impossibile uscire. L’unico modo per restare a galla, per lui, è adattarsi al sistema e girare dentro al vortice insieme agli altri, senza mai opporre resistenza. Tra un direttore della fotografia cocainomane come Duccio Patanè (Ninni Bruschetta) ed un capo elettricista che più coatto di così si muore (Paolo Calabresi), c’è anche il viscido delegato di rete che pensa solo a fare il proprio interesse (Antonio Catania), ma non manca l’ingenua aiuto regista, che sogna invece il mondo della ristorazione (Caterina Guzzanti). Nel vortice, insomma, esistono anche delle anime pulite, ma anch’esse sono destinate, inesorabilmente, a sporcarsi. “Boris – Il Film” è un ritratto vivace e troppo amaro della realtà italiana, che non riguarda solamente il cinema, ma si estende ad ogni singolo gesto quotidiano. Continuiamo a riderci su, che forse è meglio.