Siamo ad Hollywood, nel 1927. George Valentin (Jean Dujardin) è una star del cinema muto. Ma l’avvento dei primi film sonori (proprio del 1927 è quello che universalmente viene riconosciuto come il primo film sonoro della storia del cinema, cioè “Il cantante di Jazz” di Alan Crosland, con Al Jolson) e l’incapacità di adattarsi alle nuove modalità cinematografiche saranno la causa di una profonda crisi artistica e personale, di possibilità lavorative che si riducono sempre più, finché questo divo (uno dei primi dello star system hollywoodiano) cadrà inevitabilmente nell’oblio. Diametralmente opposta è la situazione per la giovane attrice Peppy Miller (Bérénice Bejo), star emergente che ha tutto un futuro davanti a sé e che si prepara a diventare una delle prime celebrità del cinema sonoro. Un giorno Valentin e la Miller si conoscono e questo incontro cambierà la vita ad entrambi. “The Artist” di Michel Hazanavicius è stato premiato all’ultimo festival di Cannes per la migliore interpretazione maschile, molto applaudito sia dalla stampa che dal pubblico e salutato come una delle rivelazioni della kermesse festivaliera.
Senz’altro si tratta di un prodotto originale e coraggioso. L’idea di fare un film completamente muto nel 2011 oltre che utopistica pareva sinceramente rischiosa; eppure Hazanavicius ha vinto la sua scommessa realizzando un’opera che non è una semplice operazione nostalgica, ma una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti del cinema, in modo particolare di quell’età della giovinezza rappresentata dal cinema muto degli anni venti. “The Artist” è un film profondamente cinefilo, ma in cui il gusto per la citazione e il gioco dei rimandi non risultano mai fini a se stessi, ma anzi complementari ad una narrazione divertente e divertita, al contempo malinconica ma mai troppo indulgente verso un tempo passato. Anzi “The Artist” è una ricerca del tempo (cinematografico) perduto, ma al tempo stesso è emblema di un cinema che per essere veramente nuovo e convincente deve cercare di ritrovare la spontaneità e l’ingenuità delle proprie origini, senza farsi cannibalizzare dalla spettacolarità vuota o dall’isterico divismo. E non è un caso che Hazanavicius scelga per protagonisti due attori sostanzialmente sconosciuti al grande pubblico, circondati da splendidi (e talvolta dimenticati) caratteristi come John Goodman o James Cromwell o Malcolm McDowell, tutt’e tre coinvolti in gustosi camei. La scommessa di “The Artist” è vinta anche perché tutta l’operazione si basa su una ricostruzione quasi filologica della realtà estetico filmica del periodo: l’abbondanza di chiaroscuri che caratterizzano la fotografia, l’uso della musica come collante narrativo e come esplicitazione emotiva, le didascalie che compaiono sporadicamente segnalando solo i passaggi narrativi e le battute più importanti lasciando al labiale e alla mimica degli attori il compito di esprimere concetti e sentimenti.
Proprio per quanto concerne il versante recitativo sono da registrare le più piacevoli sorprese: recitare come i grandi divi del muto senza scadere nel macchiettismo, nella caricatura o nell’imitazione spersonalizzata era la prova cui erano chiamati Jean Dujardin e Bérénice Bejo. Prova superata a pieni voti, grazie a due performance che valorizzano, come è ovvio, l’espressività facciale e sono comunque in grado di coinvolgere lo spettatore a livello empatico, di divertirlo e di emozionarlo in maniera assai sorprendente. Purtroppo, soprattutto nella parte centrale, il film sembra perdersi per strada, smarrire le proprie coordinate tematiche e arrancare in un plot tutto sommato prevedibile e in alcuni punti un po’ furbo (come nella presenza a volte ridondante di un cagnolino che ispira sicuramente simpatia), salvo salvarsi in un finale convincente e azzeccatissimo, tanto quanto lo strepitoso quarto d’ora iniziale. In sostanza quindi “The Artist” non è il capolavoro osannato con entusiasmo oltr’Alpe, ma è comunque un ottimo film, tanto sperimentale e curioso, quanto avvincente ed emozionante per tutti coloro che amano la settima arte. Da vedere.