Penultimo giorno del concorso veneziano. Presentati “Killer Joe”, “L’ultimo terrestre” e “Faust”. Chris Smith (Emile Hirsch), uno spacciatore cialtrone cui la madre ha sottratto un’ingente quantità di droga, assolda il poliziotto col passatempo da killer professionista Joe Cooper (Matthew McConaughey) per vendicarsi e intascare i soldi dell’assicurazione. L’idea bislacca è supportata dal padre di Chris (Thomas Hayden Church) e la matrigna (Gina Gershon). Joe accetta, ma in cambio chiede la giovane Dottie, sorella di Chris (Juno Temple), come garanzia. Esordio in concorso a Venezia alla veneranda età di settantasei anni per William Friedkin, maestro della New Hollywood anni settanta, periodo in cui ha sfornato pietre miliari come “Il braccio violento della legge” e “L’esorcista”. Esordio col botto, perché “Killer Joe”, tratto da una piecè teatrale di Tracy Letts, è un film a tratti straordinario, divertentissimo, ricco di trovate visive, gag e una comicità surreale e grottesca che colpisce come un pugno nello stomaco e che lascia disorientati per la propria veemenza. “L’ultimo terrestre” è invece l’esordio assoluto alla regia cinematografica del fumettista Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi. La storia si svolge durante l’ultima settimana prima dell’arrivo di una civiltà extraterrestre sulla Terra. Un arrivo annunciato dai governi, una notizia da seconda serata che non ha entusiasmato nessuno. Gli extraterrestri arrivano in un paese stanco e disilluso, in una crisi economica conclamata e gravissima. La gente risponde alla venuta degli extraterrestri con una reazione razzista del tipo “adesso ci ruberanno il lavoro, come hanno fatto i cinesi prima di loro!” o con interpretazioni mistico religiose tra le più strampalate. “L’ultimo terrestre” racconta le vicende di Luca Bertacci, un uomo con enormi problemi di relazione, abbandonato dalla madre quando era piccolo, cresciuto nell’odio per le donne. Nella diffidenza e soprattutto nell’incapacità di provare sentimenti. Questa chiusura emotiva ne ha fatto un emarginato senza passioni e senza sogni. Luca spende la sua vita tra il suo lavoro di barista in una sala bingo, i rari pranzi con il padre e un’attrazione segreta, inconfessata e inconfessabile per la sua vicina di casa. Tutto è destinato a cambiare con l’arrivo delle strane e misteriose creature da un’altro mondo. Reazioni contrastanti in proiezione stampa, sebbene nessun fischio sia stato riservato alla pellicola. Nella Sala Grande del Palazzo del cinema di Venezia verrà presentato infine “Faust” di Alexander Sokurov. Il Faust di Sokurov non è un adattamento della tragedia di Goethe nel senso tradizionale, ma una lettura di ciò che rimane tra le righe. Che colore ha un mondo che produce idee colossali? Che odore ha? C’è un’aria pesante nel mondo di Faust: progetti sconvolgenti nascono nello spazio angusto dove si affaccenda. È un pensatore, un veicolo di idee, un trasmettitore di parole, un cospiratore, un sognatore. Un uomo anonimo guidato da istinti semplici: fame, avidità, lussuria. Una creatura infelice, perseguitata che lancia una sfida al Faust di Goethe. Perché rimanere nel presente se si può andare oltre? Spingersi sempre più in là, senza notare che il tempo si è fermato. Scroscianti applausi per il film, che entra di diritto tra i favoriti per la conquista del Leone d’Oro.