Dopo il successo di “Giù al Nord“, Dany Boon ha sentito il richiamo del grande schermo ed ha deciso di provare a replicare in quanto ad incassi ed approvazione del pubblico, pur non ottenendo i risultati sperati. “Niente da dichiarare” utilizza la stessa formula del primo film, ma in maniera meno determinata e sicuramente meno efficace, senza però risultare un film da scartare a priori. La parte migliore sicuramente è quella iniziale, mentre successivamente il film si trascina stanco e a tratti forzato, con al centro della vicenda anche una immancabile storia (e prova) d’amore, inserita come se fosse quasi un obbligo. Siamo negli anni Novanta, l’Europa sta per subire una drastica evoluzione e le frontiere stanno per sparire. Che ne sarà di tutte le dogane? E’ quello che si chiedono i nostri protagonisti, che si scontrano quotidianamente con le pretese di un iper nazionalista belga alquanto esaltato e l’umiltà di un agente francese innamorato della sorella dell’insopportabile collega, consapevole del fatto che il suo essere “francioso” sia una pecca non indifferente per la famiglia della ragazza. I due paesini che si trovano al confine, sono in subbuglio in attesa della fine dell’esistenza delle dogane, il nostro protagonista belga è intimorito dalla presenza dello straniero ed in particolare di quei francesi “mangialumache” che tanto detesta, ma sarà proprio grazie ad un programma misto che capirà che essere belga o francese non comporta necessariamente grandi differenze, soprattutto quando ci sono dei sentimenti in ballo. Il problema principale di un film come questo, è la traduzione. Difatti, il problema si è riscontrato anche con “Giù al Nord“, commedia apprezzatissima, ma forse non compresa a fondo perché, diciamocelo, chiunque non abbia vissuto in Italia, non riuscirebbe a ridere di tutte le battute di “Benvenuti al Sud” che proprio dal film di Boon è tratto, ancor di meno le capirebbe se la loro traduzione non fosse completamente corretta, è quella la principale difficoltà. Lo stesso vale per una pellicola francese che gioca sui luoghi comuni del Paese e, in questo caso, sulla rivalità tra Francia e Belgio, mai troppo accentuata o verbalmente “violenta”. La comicità francese, d’altronde, è completamente diversa da quella italiana e ancor più da quella americana, la comicità di massa e da esportazione alla quale siamo abituati. “Niente da dichiarare” è un film molto più “ingenuo”, se così possiamo definirlo, ricco di battute infantili e non troppo originali, ma tuttavia divertente da seguire, perché rispecchia una realtà sia pur sottoforma di caricatura, ma personaggi come il nostro doganiere belga impersonato da Benoît Poelvoorde non mancano, nella vita di tutti i giorni. Il finale, poi, rende l’idea di quel che ci accade ciclicamente. La storia, lo sappiamo bene, si ripete e se un giorno il nemico da guardare con la coda dell’occhio è il francese, chi lo sa, il giorno dopo potrebbe essere un cinese. Voto: [starreview tpl=16]