Conferenza stampa con Rowan Atkinson per “JOHNNY ENGLISH LA RINASCITA”. ROMA, 07/10/2011. In questo capitolo prendete di mira il personaggio di Jason Bourne, che già a sua volta deve molto a James Bond, quanto l’ha divertita cambiare punto di riferimento? È un film di spionaggio comico, non c’è una volontà di definire l’intelligence. I film di James Bond si sono fatti più duri, meno ironici, e questo ci ha lasciato molto spazio per essere più comici. Questo nuovo film è più grande rispetto al primo, il budget è più alto, così sembra un film di Bond di 10 o 15 anni fa. Lei ha parlato di spionaggio, ma sembra che la sua presa in giro non sia tanto degli agenti segreti quanto delle persone normali. Forse è un modo per far sentire il pubblico maggiormente immedesimato?Ciò che mi interessa di Johnny English è che è più umano di James Bond, che ha delle super capacità. Johnny English deve provare e riprovare, alla fine è fortunato, ma deve lottare per ottenere la fiducia degli altri. Sicuramente in questo secondo capitolo il mio personaggio è più “normale”. Abbiamo voluto di proposito portare un po’ di realtà. Per questo io lo definirei un thriller comico. C’è una storia che può coinvolgere, c’è una maggiore costruzione, non si tratta solo di aspettare la prossima battuta. Per rendere tutto ciò serviva un cast molto capace, e noi lo abbiamo avuto.
A proposito di cast, la sua collega e compagna nel film Rosamund Pike lo ha definito molto generoso. Non posso definirmi da solo, sono contento che mi abbia definito così, ma sono un fermo sostenitore del fatto che come attori abbiamo il dovere di raccontare la storia al meglio delle nostre possibilità senza pensare solo a noi stessi, un mio collega una volta mi disse che sul set cercava di risaltare sopra tutti, ebbene io sono contro questo modo di pensare, non mi piace il comportamento da “star”. Tutti dobbiamo essere in grado di contribuire, altrimenti come attori se concentriamo l’attenzione solo su di noi ci limitiamo di molto, è necessaria una particolare alchimia quando si gira. Lei è un ammiratore dei film di James Bond? Il primo film di Johnny English è simile ai film di Roger Moore, risalta l’autocompiacimento del personaggio. In effetti si, lo 007 di Roger Moore è vicino in qualche modo a Johnny English. Roger mi è piaciuto nei panni di James Bond, lo trovo molto divertente, ma anche Daniel Craig credo abbia fatto un ottimo lavoro per riportare in auge il personaggio con maggiore serietà. In sincerità non ho apprezzato molto “Quantum of solace” (ad oggi l’ultimo capitolo di 007, ndr), ma trovo straordinario il precedente“Casino Royale”. Per una volta le piacerebbe interpretare il ruolo di un criminale, di un cattivo? Sicuramente ad Hollywood gli attori inglesi hanno molte possibilità di prendere il ruolo di un cattivo, però il fatto che io abbia interpretato Mr. Bean mi ha incluso tra gli attori comici. Per il primo film c’era l’idea, poi scartata, di farmi interpretare oltre al ruolo del buono anche quello del cattivo, una sorta di cugino malvagio, ma a differenza di Mike Myers che lo fa in “Austin Powers” io mi sarei sentito nervoso a dovermi concentrare contemporaneamente su due ruoli differenti. Volevamo una storia credibile, quando invece interpreti due ruoli così distanti dov’è la linea di divisione? Nel film, in una scena di inseguimento, lei guida una super carrozzella che raggiunge velocità molto elevate, ma è presente anche una Rolls-Royce particolare, sappiamo che lei è un grande appassionato di auto. Si sono un appassionato, e per il film come da tradizione volevo una macchina inglese. La Aston Martin era diventata un cliché, e poi la abbiamo usata nel primo capitolo. Personalmente ho provato la Rolls-Royce e mi sono trovato bene. Sapevo che la Rolls aveva sviluppato alcuni anni fa questo incredibile motore da nove litri V16, poi custodito in un magazzino a Monaco, così ci siamo rivolti a loro e hanno gentilmente acconsentito a mettere il motore in una Rolls-Royce modello Phantom. La cosa bella è che non era solo collocato lì, ma funzionava per davvero, ed è l’unico esemplare al mondo! Per quanto riguarda la carrozzella c’è sempre bisogno di un inseguimento in questo tipo di film e noi abbiamo voluto diversificare un po’. Quell’aggeggio va a 60 km/h e, credetemi, è veramente veloce. Considerate che in una sedia a rotelle il centro di gravità è alto, e a quella velocità non ci vuole niente a ribaltarsi. I tecnici degli effetti speciali ne hanno costruiti quattro tipi diversi, a seconda delle esigenze, comunque nelle scene di alta velocità ci sono sempre io seduto là sopra. Il film è diverso dal primo, ma ha mantenuto qualcosa del vecchio Johnny English? In verità credo ci sia molto del vecchio Johnny, anche se considero questo capitolo di gran lunga migliore. La sua vis comica sta nell’andare sempre oltre le proprie possibilità, non è così bravo come crede, e questo lo porta a immischiarsi in azioni pericolose, però stavolta gli abbiamo regalato più sfumature. È uno sciocco ma non completo, perché in realtà è un ottimo agente, è coraggioso e non si ferma davanti a nulla finché non ha portato a termine il suo compito. In poche parole non si arrende mai. Forse per questo è amato, ed è più amato anche per le nostre scelte. C’è un po’ di Mr. Bean in Rowan Atkinson? Di solito riguarda i suoi film da solo o in famiglia? No, non riguardo i miei film, ma sono sempre presente in fase di montaggio perciò alla fine mi rivedo. Però mi separo completamente dal personaggio, i registi si stupiscono che io parli di me stesso nel film come se ci fosse un altro attore, dico per esempio “ma qui questo personaggio non dovrebbe fare questo o quest’altro…”, non dico “io”, sono molto professionale, mi separo. Se non fossi obbligato ad andare alle premiere comunque non rivedrei i miei lavori, se un amico mi mostra un pezzo del film dove appaio io me ne vado. Per quanto riguarda Mr. Bean forse è come ero io quando avevo 10 anni, ma sono uscito da quella fase per fortuna, invece non sono bravo come Johnny English, non potrei mai essere una spia. C’è una commedia che preferisce o che considera migliore di tutte? I film di Jacques Tati e poi un film che ho visto da poco, “Dirty Rotten Scoundrels” (1988, regia di Frank Oz, “Due figli di…” in italiano, ndr) con Michael Caine e Steve Martin, l’ho trovato veramente divertente, anche se non in ogni momento… è pieno di scene che fanno ridere, ce n’è una in particolare dove Steve Martin deve ricordare un nome per uscire di prigione ma non ci riesce e si sforza oltre l’inverosimile. Mi vengono in mente questi film, ma non so se sono i migliori. Oggi è più facile o più difficile far ridere e portare la gente al cinema? Bisogna attendere il risultato di questo film, anche se nei pochi posti dove è stato proiettato ha avuto un buon successo. Sono convinto che i film comici possano essere un buon antidoto, di solito nei momenti di crisi l’ultima cosa che si va a tagliare è il divertimento, abbiamo bisogno di essere intrattenuti. Non mi sono mai proposto come scopo di rendere felice la gente, certo, ma sarei lieto se sapessi di aver contribuito a un sorriso in più. C’è in Italia un tipo particolarmente comico che la ispira? Non conosco così bene l’Italia per poterlo dire, sono stato qui e a Brescia, sulla via Emilia, c’è una cosa però che posso raccontare dal punto di vista britannico, ed è la guida. In Italia c’è una grande, come dire, “flessibilità”, c’è un modo di affrontare la strada che non è né certamente tedesco, né francese, né tantomeno britannico. Ecco per un appassionato come me va bene, in Italia ci si gode la macchina, se qualcuno mi chiedesse un posto dove godersi una macchina senza ombra di dubbio risponderei l’Italia.