Abbiamo visto per voi in anteprima “Twilight:Breaking Dawn – Parte 1”, eccovi la nostra recensione.
Gli inizi
“Breaking Dawn – Parte 1”, ma vi ricordate come tutto ebbe inizio? Bella che arriva alla scuola e vede il più “figo” di tutti, lui la seduce con i suoi occhi verdi (colpa del neon si giustificava) e poi le salva la vita colpendo e fermando una vettura lanciata a folle velocità verso la ragazza. I primi venti minuti del primo “Twilight”, adattamento cinematografico del libro di Stephenie Meyer, sono di grande aiuto perché indirizzano lo spettatore su cosa dovrà sorbirsi negli anni a venire. Eppure, per i coraggiosi e temerari Twilighters poco importava che gli attori sembrava fossero usciti da una scuola di recitazione – trovata chiusa – . Troppo forte l’amore e, tra vampiri e lupi mannari, i due protagonisti finalmente convolano a nozze.
Oggi
Edward e Bella decidono di sposarsi (Jacob non la prenderà benissimo) e si regalano una luna di miele da sogno. Edward è quanto di più sexy e intrigante si può permettere una donna, oltretutto, scopriamo come sia anche un cavaliere (prende in braccio Bella sull’uscio di casa come un perfetto marito) ma al momento giusto sa trasformarsi. No, non intendiamo in vampiro, ma in un tenero amante, o almeno ci prova. La prima notte di nozze è travolgente ma, e non sappiamo se è realmente colpa della censura, si manifesta in scena prendendo le sembianze di quelle classiche telenovele sudamericane in cui i protagonisti si lanciano in sguardi infiniti, condendo il tutto con dialoghi pressapochisti. L’inizio di Twilight è un incubo, ma per noi spettatori, costretti ad assistere alla fiera dell’ovvio a situazioni paradossali con una storia che fatica ad entrare nel vivo. Certo, Bella rappresenta la più classica delle eroine: è bella, coraggiosa e dopo essersi fatta travolgere dalla passione non si tira indietro davanti alle conseguenze. Allora il bambino va tenuto e la ragazza lotterà per tutto il film (sì proprio tutto) con il frutto del suo amore per Edward in grembo, nonostante la gravidanza – non quella classica da nove mesi- potrebbe ucciderla.
Giudizio sul film
Il film non decolla mai nonostante dietro la cinepresa ci sia Bill Condon (“Dreamgirls”), perché la saga sembra quasi aver preso vita mostrandosi sempre più stanca alla pari della esausta Bella. Aspettando il colpo di scena, manco fosse Godot, facciamo fatica a capire perché, ancora e arrivati al quarto episodio, il vero leitmotiv del film debba essere sempre e solo lo sguardo di Pattinson. Sì begli occhi, per carità, gran fisico, elegantemente vestito fa la sua figura ma anche lui appare provato, forse cosciente che il suo personaggio debba entrare in una fase più matura, che comunque non raggiungerà. Almeno in parte 1. Perché come ogni buona telenevola ci insegna, il colpo di scena è dietro l’angolo.
I mezzi per realizzare un film epico certamente non mancavano: la saga di “Twilight” offre spunti interessanti che spaziano dal fantasy, al gotico, all’horror e anche il budget economico a disposizione non era certo dei più risicati. Anche la scelta del regista ci aveva lasciato ottimisti: come potrà mai Bill Condon (che, oltretutto è anche uno stimato sceneggiatore) fare peggio dei suoi predecessori? Eppure ci prova mettendosi in competizione con il newyorkese Chris Weitz che in New Moon era riuscito nella non facile impresa di girare 130 minuti in stile videoclip di Mtv, smielato, che ben poco si addice a una saga su vampiri e lupi mannari. Anche in “Breaking Dawn” lo spettatore è costretto a un notevole sforzo mentale, ingabbiato da una serie infinita di dialoghi al limite del comico, involontario. Il rischio è di trovarsi in una sala cinematografica, e non ve lo consigliamo, a dover trattenere le risate mentre, invece, il vicino accanto a voi si lascia andare a grondanti lacrime. Le stesse che verserete voi una volta finito il film, ragionando sul prezzo del biglietto.
Passiamo alle noti “veramente” dolenti: il cast, con Robert Pattinson che ci concede una monoespressività continua, alla Derek Zoolander quando è impegnato nello “sguardo magnum”, dimostrando di non essere cresciuto, come del resto il suo personaggio. Lo affiancano una Kristen Stewart “sofferente” e un Taylor Lautner improponibile (ma lo avevamo già capito dalla prima apparizione con quei lunghi capelli sulle spalle). Oltretutto tutti e tre non aggiungono nulla alla “Twilight Saga”, come se il tempo si fosse, inesorabile, fermato al primo capitolo che possiamo ora rivalutare poiché almeno, esclusi i primi venti minuti, si presentava come una commedia adolescenziale con spunti interessanti come la presentazione del mondo dei vampiri.
Una occasione, l’ennesima, persa. Ci avevano promesso una saga fantasy horror ci hanno, invece, regalato (e ancora ne manca uno) un lungo interminabile viaggio che spazia dal trash al sentimentale esasperato. Progettato male, scritto peggio ma recitato nel modo corretto per fare incetta di premi. Ovviamente, parliamo dei Razzie Awards.
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