La recensione, in anteprima, del film “Shame”:
Il regista londinese Steve McQueen (nessuna parentela con il celebre attore statunitense) non ha una grossa carriera cinematografica alle spalle ma, nel 2008, riuscì a far commuovere il pubblico di mezza Europa grazie alla straordinaria e intensa regia di “Hunger”, film biopic sul leader Pira Bobby Sands, morto per inedia in seguito a un prolungato sciopero della fame (66 giorni). Nei panni del militante nordirlandese un convincente Michael Fassbender, che ritroviamo in “Shame”, seconda opera di McQueen.
Il film
Brandon (Michael Fassbender) è un trentenne di successo che vive in un confortevole appartamento di New York. Per evadere dalla monotonia della vita d’ufficio seduce le donne, dividendosi tra una serie di storie senza futuro e incontri di una notte. Il ritmo metodico e ordinato della vita di Brandon, però, entra in crisi con l’arrivo imprevisto di sua sorella Sissy (Carey Mulligan), ragazza ribelle e problematica. La sua presenza dirompente porterà Brandon a inoltrarsi nelle pieghe più oscure dei bassifondi di New York, per sfuggire al difficile rapporto con la sorella e ai ricordi che risveglia in lui.
In “Hunger”, film d’esordio di Steve McQueen, il regista londinese racconta la vita di un uomo imprigionato, in squallide celle da cui è impossibile evadere. Anche in “Shame” possiamo parlare, metaforicamente, di prigione, dalle sbarre invisibili ma al tempo stesso impenetrabili che impediscono al protagonista la libertà. Una detenzione “forzata” imposta da una mente deviata, o meglio, socialmente ritenuta malata. Perché già il titolo del film (vergogna) indirizza lo spettatore su quella che sarà la tematica del film: il comportamento sessuale cronico e ossessivo del protagonista, tra masturbazione e incontri sessuali con lo stesso e l’altro sesso. Attorno, il vuoto, perché Brandon non riesce ad intrattenere relazioni durature, quasi imbarazzato dalla presenza del “genere umano”, preoccupato dal giudizio degli altri e rinchiuso in una “gabbia dorata”nella quale riceve la “prostituta” di turno. Non proprio un incontro tra disperati poiché, Brandon è un ragazzo affascinante e di successo, ha un ottimo impiego, una casa ben arredata con vista mozzafiato. La sua “ordinata vita” da sesso-dipendente viene sconvolta dall’improvviso arrivo della sorella Sissy, una ragazza problematica con uno straordinario talento musicale (da brividi l’interpretazione di Ney York New York della Minnelli) di cui fa sfoggio nei night club newyorkesi. Proprio dal ritorno di Sissy nella sua vita, Brandon inizierà una lenta discesa agli inferi come se il repentino “amore” ricevuto lo spaventasse. Un amore “puro”, fraterno completamente agli antipodi rispetto a “quelli” ricevuti occasionalmente e a pagamento.
Giudizio sul film
Possiamo già parlare di film “alla McQueen“, poiché il regista londinese (premiato con la Caméra d’Or al Festival di Cannes per “Hunger”) dimostra di voler perseguire uno stile preciso, inconfondibile, dando importanza al dialogo e arricchendo il tutto grazie alla poderosa colonna sonora di Harry Escott , punto forte della pellicola, insieme alla fotografia. Dagli esasperati primi piani dei protagonisti alla ripresa con la videocamera in movimento del protagonista impegnato in una seduta notturna di jogging, è un crescendo di intuizioni e virtuosismi stilistici di valore, realizzati senza remore, con coraggio (il nudo integrale di Fassbender e della Mulligan farà discutere). La vera astuzia di McQuenn è però quella di proporci una storia, e dei personaggi, senza seguire un percorso preciso, non indirizzando il film in un sentiero ben delineato ma facendoci seguire le azioni di Fassbender e della Mulligan come se fossimo dei voyeur. L’esposizione, prolungata, delle nudità dei protagonisti appare come una precisa volontà del regista che ci invita a una riflessione continua su quelli che sono i comportamenti sociali non ritenuti adeguati. Quale è, in fondo, la vergogna? la ricerca continua del piacere sessuale per un annoiato manager trentenne o l’impietoso giudizio a cui le nostre azioni vengono continuamente sottoposte? Nella società degli eccessi McQueen ci propone lo straordinario resoconto di una dipendenza (non più grave di quella alcolica o tabagistica) con una leggerezza che lascia più di uno spunto di riflessione.
Consigliatissimo
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