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“ACAB – All Cops Are Bastards”: la recensione

ACAB” è l’acronimo per “All Cops Are Bastards“, “tutti i poliziotti sono bastardi”, ed è tratto dal libro omonimo scritto dal giornalista di Repubblica Carlo Bonini. “ACAB” è un film che ha fatto discutere all’annuncio della sua realizzazione, che continua a far discutere prima della sua uscita e il cui eco non si spegnerà sicuramente con l’approdo nei cinema italiani. Un film sull’odio che alimenta la nostra società, che è dentro ognuno di noi, pronto ad esplodere, pronto ad incendiare il buon senso e la civiltà, non può che provocare simili forti reazioni. Ma soprattutto “ACAB” è un film durissimo e coraggioso, contraddittorio ed ambiguo, che provoca in primis lo spettatore e lo obbliga a fare i conti con la propria moralità.

ACAB - All Cops Are Bastards

Il primo film cinematografico di Stefano Sollima è la storia di tre “celerini bastardi”, tre veterani: Cobra, Negro e Mazinga. Nel momento più delicato delle loro esistenze, quando la vita privata arriva alla resa dei conti, incontrano il “futuro” in una “spina”, una giovane recluta appena aggregata al loro reparto. L’educazione di Adriano alla legalità, all’ordine, all’applicazione anche violenta della legge è la lente per raccontare il controverso “reparto mobile” con un inedito sguardo dall’interno, sullo sfondo dei più sconcertanti episodi di violenza urbana accaduti in Italia negli ultimi anni, dal G8 di Genova fino alla morte di Gabriele Sandri, passando per l’omicidio di Giovanna Reggiani.

Sollima dopo tanta gavetta tv – su cui spiccano le due ottime serie di “Romanzo Criminale” con cui ha conquistato critica e pubblico – era atteso al varco per il suo debutto cinematografico. Non ha scelto un film facile, nè un argomento comodo, ma ha deciso di prendere di petto la sfida, non indietreggiare davanti ad una tematica complessa e controversa, e donare al film un’estetica da film d’azione anni ’70. Pochi film italiani negli ultimi anni hanno una simile potenza visiva: inquadrature traballanti, telecamera a mano, montaggio serrato, musica martellante (e complimenti alla selezione dei brani, che comprende pezzi di “The White Stripes”, “Chemical Brothers“, “Clash“, “Pixies“), Sollima dirige il film tagliando le scene con precisione, non arretrando dinanzi a violenza, brutalità, sopraffazione (più psicologica che fisica).

Il lato oscuro

I tre sceneggiatori, Daniele Cesarano, Barbara Petronio e Leonardo Valenti, partendo dalla base del libro di Bonini, inquadrano alla perfezione i tre protagonisti e le loro scelte politiche ed ideologiche, cercando di approfondire il rapporto tra violenza, odio e società moderna. “L’odio in cui viviamo, che è dentro ognuno di noi, che ci piaccia o meno”, raccontano gli sceneggiatori che, con non poche difficoltà in fase di sceneggiatura, hanno imbastito un film drammaticamente sociale, un film su cui aleggiano storie drammatiche della cronaca italiana, abilmente sottolineate e integrate nel tessuto narrativo. Con una simile materia, il rischio era allontanare lo spettatore,  invece “Acab” va oltre, richiede partecipazione attiva: le gesta dei celerini, i loro pensieri, i loro desideri, pescano a piene mani nel lato oscuro di ognuno di noi, che si ritroverà coinvolto e turbato. Vedere per credere la scena psicologicamente insostenibile dei rumeni costretti con la forza a pulire un giardino, dopo che questi stessi avevano preteso con insistenza “qualche spiccio per le sigarette” ad un padre con la figlia spaventata accanto.

Gli attori: Pierfrancesco Favino è la solita certezza con una invidiabile forza espressiva. Vedere per credere il monologo in Tribunale in cui cerca di spiegare cosa vuol dire essere un celerino nel momento del suo lavoro: rabbia repressa, orgoglio, sentimento di fratellanza, incomprensione. Un gigante.

Filippo Nigro è una scheggia impazzita – deflagrerà nel finale – che non riesce a scindere il suo ruolo lavorativo dai problemi famigliari, che saranno la sua rovina.

Domenico Diele è giovane e ha la faccia giusta.

Marco Giallini è dolente, è quello che si becca una coltellata, è quello che ha il figlio estremista di destra che rivendica un’Italia agli italiani. Il bello di quest’attore è il suo passare agilmente da ruoli in commedie e film drammatici. Sembra avere sempre la faccia giusta, e i tempi perfetti. Ottimo nelle commedie (e lo attendiamo nel prossimo film di Verdone) è però nei film polizieschi a dare il meglio: lo ricordiamo nell'”Odore della notte” minacciare Little Tony intimandogli di cantare “Cuore matto“, e ancora malavitoso nel bello e purtroppo dimenticato “Tre punto sei“.

Il film funziona meglio nel delineare questi personaggi e la loro quotidianità, funziona ancora meglio nelle serrate scene d’azione, non convince invece quando rallenta e cerca di spiegare l’origine dell’odio, le motivazioni del caso, e se la prende un po’ vagamente con i politici o delinea scene francamente inutili (lo sfogo del Negro davanti al Parlamento).

Nonostante alcuni difetti, “ACAB” è un film che prende alla pancia lo spettatore, coraggioso, intelligente, sbilanciato ma onesto. Un film che non ha paura di essere sgradevole o duro. Consigliatissimo.

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