Scritto dallo scomparso Hunter S. Thompson, mai pubblicato, e destinato a finire nel dimenticatoio, The Rum Diary vede – invece – la luce e conquista il suo piccolo spazio nella settima arte grazie a Johnny Depp, amico del compianto scrittore e giornalista reso celebre dallo stile (Gonzo Journalism) e conosciuto soprattutto per la stesura di Fear and Loathing in Las Vegas (adattato sul grande schermo da Terry Gilliam e interpretato da Depp e dall’istrionico Benicio Del Toro).
Il film
“The Rum Diary” racconta delle avventure del giornalista Paul Kemp, trasferitosi – causa lavoro – in una affascinante Puertorico anni sessanta dove troverà un ingaggio presso uno strampalato quotidiano locale sull’orlo del fallimento. Nell'”Inghilterra con i frutti esotici” (così viene descritto lo stato sito nel nord-est dei Caraibi) Kemp stringerà amicizia con un fotografo locale, e con un ex redattore con la passione per l’alcool e per Adolf Hitler, di cui custodisce gelosamente alcuni discorsi su vinile. Nelle pause, dal consumo di bottigliette mignon di rum, Paul conosce un imprenditore locale senza scrupoli (interpretato da un ottimo Aaron Eckart) e la sua splendida moglie (Amber Heard) di cui si innamorerà sin dalla prima visione nella quale lei appare in stile sirena notturna.
Giudizio sul film
“The Rum Diary” è ambientato dieci anni prima del viaggio a Las Vegas che vide protagonista Thompson e il suo fedele avvocato, riportati sullo schermo da Depp e Del Toro nell’ormai celebre film. La vera forza di “Paura e delirio a Las Vegas” è stata quella punta di estrema e geniale follia che contraddistingue il cinema di Terry Gilliam, capace di gestire una pellicola on the road permeata da un meccanismo allucinatorio difficilmente ripetibile. E forse non è quello l’obiettivo di Bruce Robinson, regista di questa pellicola che appare più come un frettoloso omaggio a Thompson che una elaborata produzione cinematografica.
L’ambientazione portoricana conferisce una certa potenza visiva al film, riuscendo a ricreare una situazione – piuttosto reale – che ha riguardato l’espansionismo edilizio americano – e non solo – negli anni sessanta. I vestiti, i colori della piccola isola delle Antille, i locali e le case in ignobili quartieri periferici sono contrapposti alle cabrio rosse fiammanti, alle barche, al lusso delle ville (con spiaggia privata). Il problema è però come “occupare” cinematograficamente quei luoghi così agli antipodi ed è qui che la mancanza di estro si avverte: i personaggi sono sì strampalati ma piuttosto piatti e fine a se stessi, lo stesso Kemp conduce a ritmo lento le danze e il personaggio di Chenault, la bionda mozzafiato “pupa” dell’imprenditore, appare decisamente scontato e marginale alla storia.
Commenti finali
A tratti malinconico Rhe Rum Diary racconta essenzialmente di uomini soli (basti vedere i colleghi di Kemp) incapaci di relazionarsi e “costretti” nei loro angusti spazi faticosamente ricavati in quel di Portorico. Senza sogni, senza ambizioni, obiettivamente rassegnati. Lo stesso Kemp, che dovrebbe rappresentare “il nuovo che avanza” si adatta comodamente allo stile di vita dell’isola e ha un unico sussulto oltre al degradante impiego di addetto all’oroscopo, quando incontra e si innamora di Chenault. L’impressione è che la pellicola possa “esplodere” ma la miccia non viene mai innescata e l’oscuro giro di affari seppure svelato, non viene smascherato
Quello che resta è un malinconico viaggio nelle Antille e un sempre bravo Johnny Depp: Thompson sarebbe fiero di lui.
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