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100 metri dal paradiso: la recensione

Lo sport è una questione di fede, lo sappiamo bene, basti vedere la passione dei tifosi e le gesta esasperate – a volte condannabili – di chi riempie un palazzetto piuttosto che uno stadio. Basti vedere le preghiere – più o meno velate – che accompagnano, miste alla speranza, le gesta degli “eroi” sportivi. Il cinema sta al gioco e non disdegna di raccontare avvincenti storie, in tutte le sale e per tutte le discipline: dal calcio al basket passando per football americano, pugilato, rugby e atletica leggera, quest’ultima protagonista di “Momenti di gloria”, la indimenticabile pellicola di Hugh Hudson in cui vengono narrate le gesta di Eric Liddell – fervente cristiano nominato ministro di culto – e Harold Abrahams, due velocisti britannici protagonisti delle Olimpiadi di Parigi del 1924.

Fede, vocazione, un grande evento sportivo – in questo caso le prossime olimpiadi di Londra 2012-  e il sogno di un velocista – che vuole farsi frate – sono gli ingredienti di “100 metri dal Paradiso”, la divertente commedia diretta da Raffaele Verzillo (esordio alla regia con il drammatico “Animanera”) e interpretata da Jordi Mollà, Giorgio Colangeli, Domenico Fortunato e Giulia Bevilacqua. La sinergia tra cinema e sport viene rafforzata dalla presenza di Chiara Rosa – lanciatrice di peso e in procinto di partire per la capitale inglese –  nelle vesti di Suor Adele.

100 metri dal paradiso

 

Il film

“100 metri dal Paradiso” racconta la storia del Monsignor Angelo Paolini (Domenico Fortunato) impegnato in una faticosa opera di svecchiamento della immagine della Chiesa e di Mario Guarrazzi (Jordi Mollà) suo amico di infanzia ed eccellente centometrista. Con un rammarico: tra i tanti successi della sua carriera manca quello più importante, le Olimpiadi. L’occasione per il riscatto si presenta grazie alle straordinarie doti del figlio Tommaso (Lorenzo Richelmy), uno con le carte in regola per poter trionfare alle Olimpiadi di Londra del 2012. La speranza del padre si affievolisce in seguito alla scoperta che Tommaso, in realtà, non intende intraprendere una carriera sportiva ma vuole percorrere un percorso che lo porterà a diventare frate. La disperazione di Mario diventa sconcerto nel momento in cui il  caro e vecchio amico gli proporrà una delle sue “brillanti” idee: metter su una Nazionale Olimpica del Vaticano e partecipare alle Olimpiadi. Inizia così una corsa contro il tempo alla furiosa ricerca di ex sportivi che possano partecipare al progetto.

La locandina di 100 metri dal Paradiso

 

Giudizio sul film

Probabilmente a Londra non vedremo la Nazionale Olimpica del Vaticano, anche se da quelle parti hanno dimostrato una certa dimestichezza con le attività sportive (vedi i pallavolisti di “Habemus Papam”). “100 metri dal Paradiso” approfitta dei facili equivoci che si creano tra uomini di fede e no (vedi l’imbarazzo provocato da una certa predisposizione al linguaggio triviale) e approfitta  degli inevitabili personaggi agli antipodi per costruire un canovaccio brioso, seppur abbastanza scontato. La pellicola di Verzillo ha il merito – non trascurabile – di trattare un argomento spinoso (nel film viene chiaramente mostrato un certo ostruzionismo delle gerarchie ecclesiastiche, tutt’altro che utopico nel caso una operazione del genere fosse veramente realizzata) con una inusuale leggerezza impreziosita dalla performance del tarantino Domenico Fortunato abile a rappresentare il lato “più aperto” della chiesa con risultati esilaranti, soprattutto, grazie al contrasto con i “tradizionalisti” colleghi.

Nonostante sia  una rappresentazione comica, “100 metri dal Paradiso” regala alcuni interessanti spunti di riflessione per una pellicola moderna in cui è evidente il bisogno, per i personaggi, di dire la loro, di essere protagonisti tra paure e speranze: quelle di un monisgnore bisognoso di lasciare il segno, quelle di un padre frustrato per un mancato successo nella sua carriera che riversa le sue speranze sul figlio e quelle di un ragazzo, capace di rispettare la sua vocazione al costo di rinunciare  a una brillante carriera. Alla fine ne usciranno tutti vincitori perché il lieto fine, in questo caso, è “necessario”.

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