Dopo essere cresciute insieme in orfanotrofio e aver sviluppato un sentimento reciproco d’affetto, le strade di Alina e Voichita finiscono col separarsi. Alina vaga senza una fissa dimora e finisce a lavorare in Germania, mentre Voichita trova rifugio in un isolato convento ultraortodosso.
Qualche tempo dopo Alina raggiunge l’amata Voichita e cerca in tutti i modi di convincerla a lasciare quell’esilio forzato e partire con lei per ricostruirsi una nuova vita in Germania. Voichita mostra fin da subito una certa diffidenza verso il progetto di Alina, temporeggia, finché si rende conto di non poter abbandonare quella comunità, al di là delle colline, che l’ha accolta.
Alina non si dà per vinta e cerca in tutti i modi di far tornare Voichita sui suoi passi, arrivando a scontrarsi ferocemente con le altre consorelle e, soprattutto, con il padre superiore (chiamato dalle suore Papà), personaggio enigmatico e dal grande carisma.
È stato uno dei film più applauditi e più premiati dell’ultimo Festival di Cannes (premio alla migliore sceneggiatura e premio alla migliore attrice assegnato ex aequo alle due protagoniste Cosmina Stratan e Cristina Flutur, ambedue straordinarie): e con pieno merito. “Beyond the hills” di Cristian Mungiu è un film dai ritmi lenti, ma incalzante come un thriller, ricco di una tensione che va inesorabilmente in crescendo fino alla risoluzione finale lucidamente brutale, disperata nella sua ineluttabile tragicità.
“Beyond the hills” colpisce e affascina grazie ad un impianto narrativo molto semplice e ad un uso della macchina da presa estremamente mobile che si attacca ai personaggi e li segue nei loro spostamenti, nelle loro sfuriate, nei momenti di stasi e raccoglimento.
Così come “Amour” di Haneke, anche “Beyond the hills” parla del sentimento d’amore come una manifestazione di egoismo, testardaggine e cecità deleteria. Alina ha amato è ed è stata amata da Voichita e vuole riconquistare la sua perduta compagna. Voichita si è fatta monaca e nonostante l’affetto per Alina ora ha deciso di dedicarsi esclusivamente a Dio e non vuole saperne di rinunciare alla sua nuova vita.
La determinazione è potente in entrambe le donne e i reiterati confronti/scontri tra le due portano all’intervento del Papà e delle suore del convento. La vitalità e l’irruenza di Alina vengono viste dalla comunità religiosa come manifestazioni del male, di una possessione demoniaca da esorcizzare.
Con “Beyond the hills” Mungiu racconta una religiosità fuori dal tempo che sembra provenire direttamente da un mondo arcaico fatto di regole, proibizioni e comportamenti anacronistici. “Beyond the hills” è ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto in Moldavia nel 2005, ma quando la vicenda si concentra esclusivamente all’interno delle mura del convento si respira un’aria medievale, da epoca oscurantista e violenta pur nelle sue intenzioni più semplici e innocenti.
La cecità si rivela essere il vero fil rouge tematico di “Beyond the hills”: quella di Alina, che non vuole rassegnarsi alla definitiva conclusione della sua storia d’amore con la sua ex compagna di orfanotrofio; quella di Voichita, che in nome della fedeltà all’ordine religioso e della devozione a Dio permette i soprusi perpetrati ai danni della sua ex amante dal Papà e dalle consorelle; quella del padre superiore e delle suore che vedono nei gesti di violenta ribellione e di disperata remissività di Alina dei tratti di inumanità da punire e reindirizzare nell’ordine della spiritualità.
Mungiu costruisce “Beyond the hills” accentuando la componente claustrofobica del convento e, girando quasi esclusivamente in interni, valorizza la tensione psicologica del film, il solipsismo e l’autoghettizzazione dei suoi personaggi, incapaci di rivolgere uno sguardo verso l’esterno e cogliere le istanze di un cambiamento temuto e tenuto a debita distanza.
L’unico personaggio ad avere una qualche carica eversiva e manifestante la necessità di rinnovamento è Alina che però si limita ad essere ribelle, forza pulsante che mira a distruggere l’ordine costituito ma incapace di proporre una valida alternativa.
Non sempre il film mostra un respiro capace di tenere la durata di oltre 150 minuti e alcune situazioni tendono a ripetersi senza aggiungere niente, sottolineando quanto già detto in maniera non sempre necessaria. Nonostante questo “Beyond the hills” rimane un film assai suggestivo, ostico, potente e difficilmente dimenticabile.
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