“Qualcuno volò sul nido del cuculo” è uno dei più celebrati film della storia del cinema, sebbene rimanga ancora oggi semisconosciuto al grande pubblico.
Realizzato nel 1975 per la regia di Miloš Forman, fu tratto dal romanzo “One Flew Over the Cuckoo’s Nest” di Ken Kesey (1962) ed è uno dei pochi film ad essersi aggiudicato tutti e cinque gli Academy Awards principali, fra cui alla miglior regia ed al miglior attore protagonista (Jack Nicholson).
La storia riguarda McMurphy (Nicholson), che viene imprigionato nell’Ospedale Psichiatrico di Stato perché si stabilisca se la sua malattia mentale sia reale o frutto di una simulazione. McMurphy, che dapprima sembra aderire alle rigidissime regole dell’ospedale, ben presto inizia a tenere un comportamento a dir poco strano, pur sapendo di essere costantemente osservato. Prende in giro gli altri degenti, è aggressivo e allergico alle regole, che sono il collante stesso della struttura. Non passa molto tempo, ed il protagonista inizia ad attirare tanto le simpatie di alcuni pazienti quanto le ben più pericolose antipatie dello staff dell’ospedale. I drammatici eventi che seguiranno, in una parabola di follia straniante e disturbante, condurranno poi al tragico epilogo.
Il film, ma soprattutto, la storia narrata dal film, è una dolorosa rappresentazione della realtà e della condizione umana, espressa con una critica feroce, amara e disillusa alla società schiacciante ed ottusa, disposta a qualunque barbarie, pur di mantenere uno status quo sul quale non deve essere mai necessario interrogarsi. Gli strani, i mostri, gli ammalati, i pazzi o più semplicemente chi disturba lo scorrere (tutt’altro che naturale) delle cose devono essere combattuti, distrutti e in special modo rinchiusi. E l’evasione di McMurphy non è quella che ci si aspetterebbe, non è una fuga reale (che invece metterà in atto il suo compagno di sventure, Capo Bromden, interpretato da Will Sampson), ma che in qualche modo si realizza nell’inestinguibile desiderio di libertà e di rivolta contro un sistema oppressivo, capace davvero di tutto. L’evasione di McMurphy è quella di chi non intende piegarsi ed accettare la violenza a testa bassa, ed è tanto irresistibile da contagiare gli altri pazienti, che vogliono tornare ad essere trattati come persone.
La pellicola nel cui cast possiamo annoverare anche Christopher Allen Lloyd (“Ritorno al futuro – Parte I, II e III“), Danny DeVito (“Voglia di tenerezza“, “All’inseguimento della pietra verde“, “I gemelli“), Vincent Schiavelli (“Amadeus“, “Larry Flint“), ed insieme agli attori ed ai luoghi, è protagonista anche la musica. La colonna sonora, composta da Jack Nietzsche (nomination all’Oscar per la miglior colonna sonora) è ancora oggi considerata una delle migliori di tutti i tempi.
La lunga tradizione di storie (cinematografiche e non) sulla prigionia dell’uomo, non smette mai di arricchirsi ed il motivo è presto spiegato. Non esiste un solo uomo o una sola donna al mondo, che non si siano mai sentiti prigionieri, della società, del lavoro, del proprio ruolo, della propria vita, del proprio corpo della propria mente. Come si accennava in “The Sleepers” (1996), a proposito di quale parte de “Il conte di Montecristo” potesse piacere di più ai ragazzi del riformatorio, la risposta era e resterà sempre:
“E’ facile. Quella dove scappa…” (“The sleepers“)
Voto:
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