Bella (Kristen Stewart) si sveglia trasformata, è madre e finalmente… è un vampiro.
Mentre il marito Edward (Robert Pattinson) ammira la bellezza, la velocità e l’eccezionale autocontrollo della nuova Bella, lei non si è mai sentita più viva; e il destino del suo migliore amico Jacob Black (Taylor Lautner) si è intrecciato con quello della loro straordinaria figlia Renesmee (Mackenzie Foy).
L’arrivo di una creatura tanto rara cementa la famiglia allargata, ma riaccenderà ben presto forze oscure che minacciano di distruggerli tutti.
Inutile stare a nascondersi: c’è chi la saga di “Twilight” la ama a prescindere e chi a prescindere la detesta ferocemente. Poi c’è chi, come ad esempio un critico cinematografico, prova ad affacciarsi alla materia con sguardo analitico ed esprimendo un giudizio di valore sul contenuto.
Ecco quindi che, arrivati all’ultimo dei cinque episodi filmici della serie, possiamo arrivare ad un giudizio globale su tutto il fenomeno nato dalla penna di Stephanie Meyer: cinematograficamente parlando, la saga di “Twilight” (e “Breaking Dawn parte 2” non fa eccezione) è fallimentare. A volere essere buoni. Ai limiti della cialtroneria a voler essere un pelo meno indulgenti.
“Breaking Dawn parte 2” è estremamente coerente con i quattro film precedenti: un respiro epico mozzato sul nascere che presta il fianco alla peggior sciatteria cinematografica possibile e immaginabile, a un sensazionalismo da quattro soldi (si veda l’abuso di una computer grafica pessima e pacchiana nel suo essere sfacciatamente posticcia) e a un romanticismo all’acqua di rose, melenso e sfacciatamente furbo.
Zoom e spostamenti cartoonistici, immagini super patinate che flirtano con il kitch, jump-cut come se piovesse e rallenti drammatizzanti che scimmiottano (involontariamente?) Zack Snyder o il cinema di John Woo: questi sono i paradigmi estetici di una serie tanto superficiale nella forma (e nella standardizzazione, probabilmente imposta dall’alto, di tale sciatteria: pare improbabile, infatti, che buoni registi come Chris Weitz o Bill Condon e financo l’autore indipendente David Slade abbiano improvvisamente dimenticato i cardini della grammatica cinematografica.) quanto nei suoi contenuti.
Una soap opera di quart’ordine, dai sottotesti vagamente (ma neanche troppo) reazionari, con la profondità di uno tra i meno riusciti romanzucoli della collana Harmony e la magniloquenza produttiva di un blockbuster (con più di un miliardo di dollari incassato in quattro film possibile non si sia potuto fare qualcosa di meglio per gli effetti speciali?). Anche in “Breaking Dawn parte 2” abbondano i dialoghi lagnosi declamati con un’inutile enfasi shakespeariana e una inguaribile (quando non inguardabile) vitrea vacuità espressiva. E su questo punto non ci pare il caso di infierire: non spariamo sulla croce rossa.
Kristen Stewart, Robert Pattinson e Taylor Lautner saranno anche beniamini dei teen e nuovi sex symbol di riferimento, ma la recitazione è decisamente il mestiere sbagliato per tutti e tre. Spiace poi vedere attori come Michael Sheen e Dakota Fanning buttarsi via in ruoli così scialbi, inconsistenti e fondamentalmente inutili.
Le quasi due ore di “Breaking Dawn parte 2” procedono quindi stancamente, prive di ritmo e colme di noia, trascinando per la lunga una storia esile esile che trova il suo culmine nella scena dello scontro finale: un istant scult tanto ridicolo da sembrare quasi parodistico. Ma il senso del ridicolo è poi ulteriormente accentuato dalla completa mancanza di humor e da una seriosità eccessiva e francamente fuori luogo.
Addio Bella; addio Edward; addio Jacob: non ci mancherete.
[starreview tpl=16]