Stando a quanto riporta la rete, “C’era una volta in America” (“Once Upon a Time in America”) è un film del 1984 diretto da Sergio Leone, con Robert De Niro, James Woods e Elizabeth McGovern ed è senz’altro esatto. Così come è esatto anche il fatto che la pellicola è basata sul romanzo di Harry Grey “The Hoods” (“Mano armata“, del 1952), pubblicato poi successivamente con il titolo di Once Upon a Time in America, la pellicola narra, nell’arco di quarant’anni (dagli anni venti ai sessanta), le drammatiche vicissitudini di David Aaronson detto Noodles (Robert De Niro) e dei suoi amici nel loro progressivo passaggio dal ghetto ebraico all’ambiente della malavita organizzata nella New York del proibizionismo e del post-proibizionismo.
Naturalmente si potrebbero versare litri di inchiostro o, vista l’epoca in cui viviamo, sacrificare decine di tasti innocenti per usare parole come capolavoro, stato dell’arte e chi più ne ha più ne metta, ma in questo caso, forse è meglio soprassedere. In fondo se c’è qualcuno incapace di apprezzare un film del genere, è semplicemente colpa sua e della sua inadeguatezza culturale e sentimentale.
Non capire l’arte non è certo un crimine, ma costringere il prossimo a sentire le lagne su come alcune opere non siano poi questo granché lo è. Eccome. Quindi non è necessario perdere altro tempo a decantare i pregi di un film che ha già dimostrato tutto quello che aveva da dimostrare, più e più volte nel corso di tutti questi anni. Sergio Leone era già avvezzo ad un’arte tanto faticosa quanto speciale quale è il cinema ed in questo film ha messo tutto ciò che aveva, specie il mestiere. Mestiere, inteso come lavoro vero, quello che fai con amore, passione e che ti porta via il sonno, ma mai il sorriso.
La storia, mirabilmente narrata per immagini e musica, ci porta in un viaggio poetico e violento lungo quaranta anni, visto attraverso la vita e le esperienze di Noodles (Robert De Niro) e dei suoi. Come in una serie di scatti, di fotografie in movimento, appartenenti a diverse epoche, Leone ci regala una parabola lunga e mai scontata su una storia ora delicata e disperata, quanto ora brutale e spaventosa, senza sbagliare un colpo. Chi conosce il lavoro e l’eredità di Sergio Leone, uno dei pochissimi veri maestri, allo stesso livello di Kubrik, Chaplin e un pugno di altri eletti, sa a cosa mi riferisco.
Le interpretazioni del cast, di Robert De Niro in particolare sono qualcosa di spettacolare e coinvolgente, con uno stranissimo effetto di distorsione rivedendolo dopo qualche anno e dovendolo (inevitabilmente) confrontare con i film di oggi, che finiscono (altrettanto inevitabilmente), per sembrare dei progetti scolastici da teen-ager, a confronto. E se qualcuno vi ha parlato di anacronismi, errori ed imprecisioni ho tre parole per voi: “Teoria del sogno“. Se non sapete cos’è, guardate questo film, questa meraviglia. Regalatevi il meglio (magari questa versione estesa), per le porcherie c’è sempre la prima serata su qualunque canale.
Crime, passion and lust for power – Sergio Leone’s explosive saga of gangland America.
Voto:
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