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Goodbye Solo: la recensione

In un cinema costretto dalle ragioni economiche e dallo strapotere delle major, che spesso non automaticamente significa qualità, una delle più gradite iniziative per i cinefili è sicuramente Own Air, una vera e propria sala cinematografica virtuale, capace di dare dignità e visibilità a pellicole, queste sì di qualità, che non trovano spazio nei canali ufficiali. Grazie a questa piattaforma è possibile visionare – sia a noleggio che tramite un acquisto definitivo – numerosi film in maniera assolutamente legale e comoda.  I prezzi – accessibili –  e la possibilità di godersi un bel film su Tablet, PC o Smartphone sono sinonimo di vicinanza con lo spettatore che può fruire dei contenuti di Own Air in diverse modalità.

Uno dei film più interessanti del catalogo Own Air è indubbiamente “Goodbye Solo” del regista Ramin Bahrami, con protagonisti Souleymane Sy Savane, Red West, Diana Franco Galindo, Carmen Leyva, Lane “Roc” Williams, Mamadou Lam.

Una immagine del film Goodbye Solo

Trama

 

Souléymane, detto Solo, è un tassista senegalese trentaquattrenne di Winston-Salem, North Carolina. Un giorno viene ingaggiato dal settantenne William che vuole essere portato, di lì a due settimane, a Blowing Rock, picco in cima a una montagna. Solo capisce subito qual è l’obiettivo di William e decide di aiutarlo a cambiare idea e non lanciarsi giù dalla rupe. Per farlo, lo porterà in giro col suo taxi fra bar, spacciatori, e tavoli da biliardo, fino a fargli incontrare la figliastra e la moglie. Ma non tutto andrà secondo i piani di Solo.

Giudizio sul film

Due uomini uniti nella terra delle grandi opportunità: William  che chiede, dietro ingente pagamento,  di essere portato a Blowing Rock, là dove la leggenda narra che gettando un ramoscello nel vuoto, quest’ultimo torni indietro e Solo,  sposato e con una figliastra al seguito, che sogna di diventare uno steward, abbandonando il suo attuale lavoro da tassista. Cosa li unisce? In realtà nulla, la differenza d’età è notevole e abitudini e luoghi frequentati sono agli antipodi. Eppure Solo comprende, quasi in uno stato di empatia autoimposta, immediatamente le intenzioni di William e cercherà di persuaderlo provando a far vivere al vecchio uomo una serie di emozioni che possano snaturare  il suo piano. Solo porterà sì William sul picco della suggestiva ed evocativa montagna ma lo farà a modo suo, allungando il viaggio grazie a quelli che sembrano piccoli espedienti, trasmettendogli calore e facendolo partecipe di situazioni apparentemente al limite, briose ma – in realtà – fin troppo ordinarie. Perché William rappresenta l’orgoglio di un uomo che non ha più nulla da chiedere, se non assistenza e dignità nel compimento dell’estremo gesto.

Nel viaggio malinconico dei due protagoinisti si riconosce l’esistenza di una forte connessione, come se alla debolezza di uno corrispondesse una ritrovata forza nell’altro. Mentre William si avvicina alla fine, Solo si appresta a vivere una rinascita, troppo spesso soffocata dalla moglie e dalla riconoscibilità di una società eterodiretta.

Lo script, volutamente ridotto all’osso, permette alla pellicola di veleggiare in un oceano composto da mutismi e sguardi significativi, fino a quell’ultimo e nostalgico saluto che testimonierà l’assoluta imprescindibilità del libero arbitrio.

L’iraniano Bahrani ci regalo un saggio delle capacità di un cinema, come quello persiano, capace di sfornare cineasti – sia maschili che femminili – di assoluto valore, mentre un plauso è rivolto anche al “cinema” proposto da Own Air, che nell’Italia dei cinepanettoni dittatori ha trovato la forza e il coraggio di regalarci un gioiello assoluto, una pellicola colpevolmente trascurata.

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