Robert Zemeckis (qui potete leggere la nostra recensione cult di “Ritorno al futuro”), dopo una lunga pausa dovuta alla realizzazione di pellicole in motion capture, torna dietro la macchina da presa per dirigere “Flight”, una pellicola live action con protagonisti Denzel Washington, John Goodman, Don Cheadle, Kelly Reilly, Bruce Greenwood e Melissa Leo.
Il film, scritto da John Gatins, uscirà in Italia il prossimo 24 gennaio.
Trama
Whip Whitaker, esperto pilota di linea, si trova a pilotare il Southjet 227 dalla Florida alla Georgia (circa 50 minuti di viaggio) in una mattinata autunnale segnata da una violenta tempesta. Appena effettutato il decollo, Whip – accompagnato dal secondo pilota Ken Evans – dovrà affrontare una pericolosa turbolenza che l’aereo supererà senza grosse difficoltà grazie alle manovre – non propriamente convenzionali – dello stesso Whitaker.
Improvvisamente, nella fase di atterraggio, una serie di problemi tecnici coinvolgono l’aereo che a causa di un grave guasto meccanico – con annessa perdita finale di entrambi i motori – precipita nel bel mezzo di un campo, alla periferia di Atlanta, travolgendo, con l’ala, la parte superiore di una Chiesa. Delle 102 persone a bordo, 96 passeggeri più i sei dell’equipaggio, solo in sei perderanno la vita per quello che appare come un vero e proprio miracolo. Atto di Dio o straordinaria abilità del pilota? Fate un po’ voi, vi basti sapere che per mantenere la quota Whip si rende protagonista di una manovra impensabile, con l’aereo completamente rovesciato e poi raddrizzato poco prima dell’atterraggio. Per l’America è un eroe ma su di lui incombe una severa indagine della NTSB…
Giudizio sul film
Zemeckis dimostra immediatamente di non aver perso la mano e il ritorno sul set, in una pellicola non d’animazione, è davvero suggestivo. Il prologo ci mostra il pilota Whip in una camera d’albergo, poche ore prima del volo, impegnato in un turbolento risveglio con una Hostess (che poi ritroveremo tragicamente a bordo): lei in un nudo integrale, lui seminudo impegnato a tirare di coca alla ricerca di una apparenza fisica che non lasci supporre la precedente notte brava.
Ora abbiamo un indizio fondamentale: il protagonista ha una serie dipendenza da droghe e alcol, quest’ultimo compagno di viaggio inseparabile (durante il volo sorseggia un paio di vodka e succo) e ha una relazione, più o meno clandestina, con una delle hostess. Altro indizio: viene risvegliato dalla furiosa ex moglie che reclama a gran voce un assegno necessario per la retta della scuola del figlio. Ora sappiamo che è un uomo solo, con un rapporto difficilmente recuperabile con la sua famiglia. Troppo facile, però, immaginare una sciagura in cielo provocata da una sua leggerezza e infatti non sarà così. Tutt’altro: con una manovra ardita riesce ad evitare una strage di enormi dimensioni, riuscendo a schivare il centro abitato di Atlanta e portando in salvo ben 92 passeggeri, il suo secondo pilota e due delle quattro hostess. Trina – l’abbiamo già “conosciuta” nel risveglio in albergo dopo la notte brava – non ce la farà, travolta dalle macerie del velivolo nel disperato tentativo di soccorrere un bambino.
Eroe per caso? Probabilmente sì, ma non è quello su cui si vuol focalizzare l’astuto Zemeckis, che costruisce un film sulla dipendenza e sulla indefessa capacità autodistruttiva di Whip che, nonostante il sindacato piloti stia cercando di occultare le prove della sua condizione alcolica e tossicologica, non riesce a smettere di abusare di alcolici di ogni tipo, dalla birra alla vodka.
Come ogni buon alcolista che si rispetti non ammette il suo stato e oltretutto: non riesce a riappacificarsi con la moglie né tantomeno con il figlio, si innamora di una tossica (Kelly Reilly) e ha come unico amico il burbero spacciatore Harling Mays (uno straripante John Goodman).
Le angoscianti fasi iniziali, davvero pregevoli le riprese all’interno dell’aereo , lasciano spazio a una storia prettamente indviduale con il paradosso rappresentato dall’ eroe ubriaco, cercato dai media e in esilio – in compagnia di diverse bottiglie alcoliche – in una vecchia fattoria di famiglia.
Sono diversi gli spunti offerti dalla pellicola che non manca di citare – più volte – il Signore, come in quello splendido dialogo (vale da solo il prezzo del biglietto) tra Washington, la Reilly e un malato terminale, sulle scale d’emergenza di un ospedale. Un gioco accattivante di sguardi, e una esposizione viva di emozioni che lasciano senza fiato. Acuti silenzi e logorrea si confondono, non precludendo spazio anche ad alcune battute sferzanti in un esplicito humor nero.
Solo nel finale la pellicola sembra – volutamente? – smarcarsi dalla impronta omertosa, mostrandoci un finale a sorpresa che, a causa della sua mole ingombrante, offusca tutto il lavoro precedentemente svolto rischiando un atterraggio ben più pericoloso di quello realizzato da Whip, “eroe per caso”.
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