“Warm Bodies” nasce come un breve racconto (sette pagine) pubblicato online con il titolo “Sono uno zombie pieno d’amore” e divenuto ben presto un piccolo fenomeno in rete con un grande successo di pubblico che ha consacrato l’autore, Isaac Marion, convincendolo ad ampliare la storia e realizzare, così, il suo romanzo d’esordio.
Dietro la macchina da presa troviamo Jonathan Levine (“Fa’ la cosa sbagliata”, “50 e 50”) che dirige un cast formato da Nicholas Hoult (“About a Boy”, “A Single Man”), Teresa Palmer, Dave Franco e lo strepitoso John Malkovich, capace di immergersi in una pellicola pericolosa, essendo considerata una semplice storia per ragazzi, genere “Twilight”. Vedremo, però, che molti dei pregiudizi che hanno accompagnato l’uscita di questa pellicola sono in realtà infondati.
Trama
Un virus misterioso ha sconvolto la nostra civiltà, trasformando le sue vittime in mostri divoratori di carne umana, senza ricordi della propria vita passata. L’umanità superstite vive rinchiusa in bunker blindatissimi, nel terrore. Tutto sembra cambiare quando una squadra di umani, in ricognizione alla ricerca di cibo, si imbatte in un gruppo di zombie affamati e a caccia di prede: uno di loro, R (interpretato da Nicholas Hoult) viene folgorato dalla bella Julie (Teresa Palmer), fidanzata di una delle sue vittime e – invece di mangiarne il cervello – deciderà di portarla in salvo, evitandogli di diventare la succosa portata del banchetto organizzato dai morti viventi.
Con il passare dei giorni la convivenza con Julie produce in R cambiamenti fino ad allora impensabili che lo porteranno a credere che quel legame possa davvero rappresentare la salvezza per il genere umano. Salvezza ostacolata, però, dai temibili “ossuti” (zombie senza pelle, ridotti a una figura scheletrica ma terribilmente affamati) e dall’esercito guidato da Grigio (John Malkovich) il padre di Julia.
Giudizio
Partiamo da una precisazione doverosa: non consideriamo Warm Bodies una appendice di “Twilight”, né tantomeno una rilettura in chiave zombie della storia d’amore vampiresca tra Edward e Bella. O meglio: anche in questo caso ci troviamo di fronte a una storia d’amore ma il contesto più maturo e la capacità di non prendersi sul serio in “Warm Bodies”, riescono a donare alla pellicola la giusta freschezza e leggerezza tanto da riuscire a strappare, in più di una occasione, una vivace risata.
Da un punto di vista di genere, “Warm Bodies” riesce ad aggiungere, oltre ai naturali omaggi, alcune nuove caratteristiche alla letteratura di riferimento sui morti viventi, dalla capacità di provare emozioni fino alla appropriazione dei “ricordi altrui”, realizzabile “semplicemente” mangiando il cervello della vittima. Una opportunità che sfrutterà lo stesso R (non ricorda il suo vero nome) per conquistare il cuore della bella – ma umana – Julie. Della serie: amori impossibili.
Altra intuizione brillante è l’incipit iniziale con l’apocalisse vista dagli occhi dello zombie – anche voce narrante – che si muove in un vecchio aeroporto completamente abbandonato dagli umani e ormai diventato punto di ritrovo per i morti viventi. Un inizio convincente ed onesto con una discreta ricostruzione post virus e uno scimmiottamento più o meno marcato dei comportamenti zombie (dalla camminata terribilmente lenta, al tipico “grugnito”).
Rinunciando a un leitmotiv edulcorato ed esasperante, Levine riesce ad impostare una regia piuttosto gradevole e, nonostante alcune incomprensibili lacune nella messa in scena, propone un prodotto di intrattenimento non necessariamente amabile solo dai più giovani.
Divertente il siparietto con Julie affacciata al balcone di casa e R in una rivistazione romantico-horror di Romeo e Giulietta.
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