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L’uomo con i pugni di ferro: la recensione

“L’uomo con i pugni di ferro” segna l’esordio dietro la macchina da presa del rapper statunitense RZA.

Non è una “prima” assoluta nella settima arte per RZA che ha già recitato in diverse pellicole (“Coffee and Cigarettes”, “Parto col folle”) e ha curato la colonna sonora di film come “Kill Bill” e il recente “Django Unchained”. In questa pellicola, “presentata da Quentin Tarantino“, il cantante e produttore newyorkese è stato affiancato da Eli Roth (“Cabin Fever”, “Hostel”) e si è potuto fregiare di un interessantissimo cast dal Premio Oscar Russel Crowe a Lucy Liu, da Rick Yune (“La neve cade sui cedri”, “Fast and Furious”) a Jamie Chung (“Sucker Punch”, Una notte da leoni 2) con la partecipazione del lottatore di wrestling professionista David Bautista (già visto nel terzo capitolo de “Il re scorpione”) e del mito delle arti marziali Gordon Liu (36ª camera dello Shaolin”). Un piccolo ruolo è stato, invece, assegnato  al mito sexy della blaxploitation Pam Grier (“Jackie Brown”)

L'uomo con i pugni di ferro
L’uomo con i pugni di ferro

Trama

Jungle Village è teatro di una violenta faida tra clan, provocata dal tradimento degli uomini del Clan dei Leoni, responsabili dell’assassino del loro capo, Golden Lion, che si era impegnato con l’imperatore per proteggere un carico d’oro che sarebbe passato nel villaggio. Il figlio di Golden Lion cercherà vendetta mentre sulle tracce dei traditori si lancerà anche Jack Knife, un britannico al servizio dell’Imperatore. Suo malgrado, verrà coinvolto nella guerra anche il fabbro del paese, celebre per le sue capacità di forgiare delle armi formidabili. Anche lui ha un obiettivo: liberare la sua ragazza dal bordello gestito da Lady Silk.

Giudizio

Nonostante la consulenza di Quentin Tarantino e l’aiuto nella sceneggiatura di Eli Roth, possiamo considerare questo di RZA come un film intimamente suo. Frutto di anni da cinefilo incallito (evidenti le influenze dei film di arti marziali, dei western, di un certo cinema gore) e di attento osservatore delle dinamiche della settima arte.

Nella prima parte la pellicola, approfittando della voce fuori campo, serve per l’introduzione dei personaggi principali ma il tutto risulta un po’ troppo televisivo con una spiegazione che cerca di portare per mano lo spettatore ma allo stesso tempo ne limita palesemente la comprensione. Migliora, sensibilmente, il risultato di questa opera prima, quando la messa in scena diventa funzionale alle esibizioni coreografiche marziali (apprezzabilissime) in una sorta di moderna revisione delle pellicole  che decretarono il successo dello Shaw Scope. Divertenti le interpretazioni di un Russell Crowe appesantito e solo apparentemente crudele con la passione per le ragazze asiatiche e le armi, e di Lucy Liu, una avvenente Lady Silk a capo del miglior bordello di Jungle Village.

“L’uomo con i pugni di ferro” appare, quindi, come una pellicola settoriale, probabilmente amata da molti ma allo stesso tempo di difficile comprensione per altri, anche se non mancano citazioni davvero interessanti (come nel gioco di specchi in stile “La signora di Shangai”o “Dragon”) e  l’ utilizzo brilante della musica hip-hop (un lavoro in linea con quanto già fatto da Tarantino in “Django”)  inserita in un contesto epico e, infine, un rigoroso lavoro sui titoli di coda.  Una promozione con riserva per RZA che, oltre a una sceneggiatura non proprio impeccabile, dimostra di non avere ancora piena dimestichezza con l’arte cinematografica mostrando una certa frenesia (che si trasforma in disordine) e un utilizzo espasperato – nel finale –  dello split screen per mostrarci contemporaneamente gli stati d’animo dei protagonisti in attesa del duello finale.

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