Steven Soderbergh torna dietro la macchina da presa con “Effetti collaterali”, un thriller noir che strizza l’occhio a Hitchcock e De Palma.
Nel cast del film troviamo Jude Law nei panni di uno psichiatra anglosassone, Catherine Zeta-Jones in quelli di una collega americana e il duo Channing Tatum – Rooney Mara che interpretano una coppia in crisi a causa delle vicissitudini lavorative di lui e la depressione di lei. Nonostante abbia ipotizzato di lasciare per un periodo la macchina da presa, il regista originario della Georgia vive un momento particolarmente felice della sua carriera, dopo il successo di pellicole come “Contagion”, “Magic Mike” e “Knockout-Resa dei conti”.
Trama
La vita di Emily e Martin viene sconvolta quando quest’ultimo viene arrestato con l’accusa di insider trading. Lui è condannato a diversi anni di prigione mentre lei lo aspetta, seppur tra molti problemi, in una modesta casa newyorkese. Una volta che Martin esce di prigione, però, le cose non migliorano con Emily che sembra soffrire di una fortissima depressione con gravi tendenze suicide e per questo viene presa in cura dal britannico Dr. Banks che le somministrerà diverse pillole dagli inevitabili effetti collaterali. Una sera Martin viene trovato pugnalato a morte nella sua abitazione e tutti gli indizi sembrano portare ad Emily ma lei non ricorda nulla…
Giudizio
Relegando i pochi momenti felici di Emily e Martin a un veloce e patinato flashback, Soderbergh sembra smanioso di entrare nel cuore della storia, senza troppi fronzoli proponendoci i suoi personaggi e dotandoli di una caratterizzazione immediata, tangibile e forte: dalla depressa ex cameriera Emily all’ambizioso caduto in disgrazia Martin, dalla intrigante Dottoressa Siebert al fascinoso Dr Banks. Non ancorato a un genere di riferimento, il regista di Atlanta riesce così a proporci una cornice noir mistra al thriller, pur rispettando alcun codici tipici del cinema drammatico americano. Nella prima parte il film segue un canovaccio piuttosto lineare dando l’apparenza di voler insistere su un tema tristemente attuale come la depressione per poi ribaltare tutto con un incredibile svolta narrativa che da il via alla seconda parte che si muove secondo una prassi da cinema hitchockiano con presunti colpevoli e innocenti, congiure, improbabili alleanze e diversi – anche divertenti, soprattutto nel finale – colpi di scena.
Il risultato è piuttosto soddisfacente nonostante la pellicola sia incanalata in una logica cinematografica sfruttata che provoca una certa prevedibilità dell’azione permettendo una “facile” compresione dello spettatore. Sicuramente non l’approccio preferito e preferibile per un thriller dagli evidenti risvolti psicologici.
Anche grazie al ricco cast – tra cui spicca una gradevolissimo Jude Law – il film riesce a far rfilettere sull’abuso di farmaci, non rinunciando alle polemiche e al diverso trattamento clinico del malato tra Europa (nello specifico, nel film, si parla di Inghilterra) e Stati Uniti d’America dove l’utilizzo di farmaci è spesso una causa diretta della pressione delle case farmaceutiche disposte ad arruolare – sotto ricchi contratti – i professionisti del settore. Soderbergh, però, sembra preferire una visione oggettiva dei fatti non imponendo il suo personale punto di vista sulla questione preferendo scatenare un profondo senso di riflessione nel pubblico.
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