Era il 2008 quando “Il Divo” di Paolo Sorrentino venne rilasciato, scatenando una serie di polemiche non del tutto inaspettate. Ora che Giulio Andreotti, del quale la pellicola narra una porzione della vita, è morto il film torna prepotentemente d’attualità. Uno dei pochissimi capolavori degli ultimi vent’anni, si occupa di una delle figure più controverse della politica e della storia contemporanea italiana, il senatore a vita Giulio Andreotti (interpretato da Toni Servillo), le cui “gesta” hanno caratterizzato svariati decenni della vita pubblica del nostro paese. La trama, si muove a partire dalla presentazione del VII Governo Andreotti e fino all’inizio del maxiprocesso di Palermo per collusioni con la mafia. La pellicola inizia con una lunga carrellata di omicidi o presunti suicidi (Moro, Dalla Chiesa, Pecorelli, Falcone, Calvi, Sindona, Ambrosoli) scandita dalla musica di “Toop toop” dei Cassius. Seguono le parole delle lettere di Aldo Moro che dalla sua prigionia per mano delle Brigate Rosse si rivolgeva proprio ad Andreotti, evidenziandone la poca umanità e scongiurandolo di aprire le trattative coi terroristi per la sua liberazione.
La vicenda principale prende il via il giorno della presentazione del VII Governo Andreotti, il 12 aprile 1991. Mentre la segretaria chiude le finestre, si radunano alla residenza di Andreotti i “vertici” della sua corrente nella Democrazia Cristiana – tra gli altri Paolo Cirino Pomicino (Carlo Buccirosso), Giuseppe Ciarrapico (Aldo Ralli), Salvo Lima (Giorgio Colangeli), Franco Evangelisti (Flavio Bucci), Vittorio Sbardella “lo squalo” (Massimo Popolizio) e il cardinale Fiorenzo Angelini detto “Sua Sanità“. Mentre Andreotti si fa radere dal barbiere, i suoi sodali discutono di politica, ma Andreotti sembra interessato solo a che il suo farmaco preferito contro l’emicrania che lo perseguita da una vita resti inserito nel prontuario farmaceutico, e di questo si raccomanda col cardinale. Il Governo viene quindi presentato ai giornalisti, con profluvi di flash dei fotografi, ma esso appare subito segnato dall’immobilismo e dal «meglio tirare a campare che tirare le cuoia» di Andreotti.
Un cast in stato di grazia, su tutti un Toni Servillo al di la di ogni immaginazione, dona a questo film uno spleen degno di una tragedia greca, potenziato dall’essere in se, una riproduzione di fatti realmente accaduti. Splendidamente narrato con una fotografia impeccabile, il rigore dei più grandi maestri e le invenzioni più moderne, “Il Divo” è un film che raccoglie in se più dell’opera di un grande regista quale è Paolo Sorrentino, ma che osa arrivare a compiere la messa in scena della verità che, nel nostro Paese, è spesso accolta come la più grande delle oscenità. Un film che diventa opera, proprio perché afferma una semplice quanto raccapricciante realtà. Noi tutti conosciamo la verità, sappiamo come sono andate le cose e tutto ciò che possiamo fare, contro un potere che può uccidere e rimanere impunito, è ricordare a questi signori che sappiamo. Che conosciamo la verità. Pellicola imprescindibile, capolavoro del cinema e dello spirito italiano.
Guerre puniche a parte, mi hanno accusato di tutto quello che è successo in Italia. Nel corso degli anni mi hanno onorato di numerosi soprannomi: il Divo Giulio, la prima lettera dell’alfabeto, il gobbo, la volpe, il Moloch, la salamandra, il Papa nero, l’eternità, l’uomo delle tenebre, Belzebù; ma non ho mai sporto querela, per un semplice motivo, possiedo il senso dell’umorismo. (Giulio Andreotti)
Voto:
[starreview tpl=16]