Oggi parliamo di “P.O.E. – Poetry of Eerie”, una antologia horror composta da alcuni giovani registi italiani con in comune la passione per il cinema horror.
Dieci registi, otto storie del brivido, dell’orrore, ispirate dal genio di Edgar Allan Poe e rivisitate da volenterosi protagonisti del cinema indipendente italiano, con risultati alterni. Domiziano Cristopharo, Giovanni Pianigiani, Bruno Marcello, Paolo Gaudio, Alessandro Giordani, Paolo Fazzini, Edo Tagliavini, Yumiko Sakura Itou sono i protagonisti, dietro la macchina da presa de : “Il giocatore di scacchi di Maelzel”, “Le avventure di Gordon Pym”, “Il gatto nero”, “L’uomo della folla”, “Silenzio”, “La verità sul caso Valdemar” e “Canto”.
Le opere di Poe sono già state vittima del saccheggio cinematografico, soprattutto di Cormaniana memoria, grazie a una lucida e moderna chiave di lettura degli orrori, le paure, le fobie dei suoi personaggi, la tensione, il grottesco, il brivido, la suspense. Una bibliografia, quella dello scrittore di Boston, che ha alimentato l’horror e il thriller, intesi come arte, e che quindi necessariamente rimane viva nel cuore degli appassionati di genere e non solo. Spesso, però, il passaggio dalla forma scritta a quella cinematografica può essere piuttosto traumatico e nell’idea di questo gruppo di giovani e volenterosi registi si nasconde una buona idea (quella della antologia horror, senza dover scomodare “Creepshow” o il recente “VHS”) ma allo stesso tempo un azzardo a causa dell’imgombrante figura del Maestro del terrore come riferimento.
Delle 8 storie quelle che si lasciano preferire sono “Il giocatore di scacchi”, in una interessante rappresentazione dell’ambizione messa in contrasto con una sorta di automa dal potere perturbante con una alimentazione umana, e “Il gatto nero” che, realizzato in Stop Motion da Paolo Gauido, racconta di un Poe che in prima persona si trova prima carnefice e poi vittima di un misterioso felino mono occhio capace di vendicarsi delle angherie subite per una mera superstizione. Altre due storie su cui discutere sono “Le avventure di Gordon Pym” con tanto di cannibalismo (probabilmente scena che è costata al film un divieto ai minori di anni 18) e finale a sorpresa ma con una storia che soffre inevitabilmente dello scarso minutaggio non riuscendo veramente a colpire lo spettatore e La verità sul caso Valdemar, l’episodio più ironico dell’intera analogia con una mescolanza tra paesino di provincia, buffi zombie allegramente al bar e santoni televisivi in perfetto stile Wanna Marchi. Anche qui il risultato non è memorabile nonostante si sia cercata una interpretazione grottesca. Una discreta suspense è riscontrabile, invece, in “Silenzio” dei fratelli Capasso con una ambientazione casalinga notturna che gioca sulle allucinazioni del protagonista. Da dimenticare, invece, “La sfinge”, “L’uomo della folla” e “Canto” l’episodio finale breve, che prendendo spunto da una poesia ci mostra un seppuku.
“P.O.E. – Poetry of Eerie” è un progetto ambizioso, coraggioso, ma non esattamente riuscito. La amatorialità dilagante, la scelta dei contenuti di riferimento “mozzati” dalla struttura antologica e una scelta fotografica che inevitabilmente risente dello scarso budget a disposizione, non permettono di collocare la pellicola in un utopico risveglio dell’ horror all’italiana.
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