“I’m a cyborg but that’s ok” narra di Young-goon, che ha vissuto fin da giovane con la nonna materna, finché questa non è stata rinchiusa in un manicomio per la sua insana abitudine di rosicchiare continuamente radici e credersi la madre di alcuni topi. Il trauma per la giovane Young-goon fu così duro che iniziò a credere di essere un cyborg e di poter parlare con diversi apparecchi elettrici come la radio, i neon e i distributori automatici, ma solo indossando la dentiera lasciata a casa dalla nonna. Quando un giorno si taglia le vene di un polso e si infila alcuni fili elettrici nella carne viene ricoverata anche lei in un manicomio in cui vivono soggetti che soffrono delle patologie mentali più disparate. La ragazza inizialmente ha come unici amici gli apparecchi che trova nello stabilimento. La radio ad esempio la convince che deve a tutti i costi uccidere i dottori che hanno portato via sua nonna, ma per farlo deve guadagnare energie. Young-goon però si convince che mangiare cibo può in qualche modo danneggiare i suoi sistemi cibernetici e da quel momento si nutre soltanto leccando delle batterie.
Ma quando i dottori la costringono a cibarsi con la forza Park Il-sun, un ragazzo che ha paura di svanire e per questo ruba in continuazione (persino l’anima e i comportamenti delle persone), finge di installare all’interno della ragazza un macchinario in grado di convertire il cibo in energia elettrica, salvandola in questo modo. I due diventano sempre più intimi e infine tra loro sboccia l’amore. Questa la trama di “I’m a cyborg but that’s ok“, deliziosa tragicommedia in salsa sci-fi che non potrà lasciarvi indifferenti. Splendidamente etereo, folle e non per questo leggero, il film si muove senza pretese sul terreno minato dello spinoso argomento della follia, lasciando spazio alla fiaba più che al dramma. Come dimostrano i due protagonisti, brillanti nella loro ingenuità e semplicità, quanto visto in termini di raffinatezza visiva e narrativa in “Lady Vendetta” non era un semplice caso, ma un vero studio per un approccio non solo estetico.
Park Il-sun: Psycho.
Cha Young-goon: I’m not a psy-cho. I’m a cy-borg.
E’ sempre difficile fare una recensione di film come quello in questione perché è praticamente impossibile ridurre in cinquecento parole i 105′ della pellicola e tutto l’universo di bizzarrie, tenerezza e potenziale onirico che contengono. Piuttosto il film è da considerarsi una pietra miliare, ingiustamente considerato minore nella filmografia di Chan-wook Park, che finalmente negli ultimi anni è stato riconosciuto come uno dei più importanti autori del panorama internazionale. Perciò consiglio a tutti questo strambo ed emozionante film, ringraziando Silvia B. che ha insistito perché lo vedessi e vi garantisco che, se non lo avessi fatto, mi mancherebbe molto qualcosa. Fondamentale. Anche se non leccate batterie e non andate a corrente alternata.
Cha Young-goon: Mom, I think I’m a cyborg.
Young-goon’s mother: …What is that?
Cha Young-goon: I think it’s kind of… like a robot?
Young-goon’s mother: …Have you missed your period? Because you’re a ‘sy-bor’?
Voto:
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