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Pacific Rim: la recensione

Un lustro dopo “Hellboy”, Guillermo Del Toro torna dietro la macchina da presa per dirigere una pellicola ispirata alla mitologia dei Kaijū, giganteschi mostri protagonisti della fantascienza giapponese.
Il film nasce dalla penna di Travis Beachman (che ha avuto l’ispirazione passeggiando per Santa Monica, una spiaggia losangelina che sorge proprio sull’Oceano Pacifico), e dello stesso Del Toro che negli ultimi anni  è stato protagonista di diversi progetti non portati a termine come “Lo Hobbit” e “Alle montagne della follia”. “Pacific Rim” rappresenta quindi una grande occasione per il regista messicano che si è subito dimostrato entusiasta del progetto e capace, per la prima volta in carriera, di realizzare un film in digitale utilizzando una RED EPIC e avvalendosi di numerosi green screen utili per ricreare la varietà di ambientazioni ammirabili nel film (da San Francisco – ricostruita in digitale e vittima del primo attacco Kaijū – a Hong Kong).

Trama

Legioni di mostruose creature aliene, i  Kaijū, iniziano ad uscire dagli abissi del mare scatenando una guerra che coinvolgerà milioni di persone, soprattutto residenti di città che si affacciano sull’Oceano Pacifico. Una volta distrutta San Francisco, con il suo simbolo, il Golden Gate, in fiamme, i governi mondiali si rendono conto della necessità di creare un arma che possa realmente fronteggiare gli spaventosi mostri. Vengono cossì creati gli Jaeger, enormi robot controllati simultaneamente da due piloti addestrati le cui menti vengono collegate attraverso un ponte neuronale.  Nonostante le prime convincenti affermazioni degli Jaeger, ben presto i Kaijū riescono a riorganizzarsi dimostrando una “intelligenza” prima sconosciuta. Gli Jaeger vengono ditrutti e l’umanità è sull’orlo del baratro. L’ultima speranza è legata a una coppia improbabile formata da Becket, un ex pilota Jaeger e Mori, una ragazza in cerca di vendetta…

Pacific Rim
Pacific Rim

Giudizio

Giganteschi robot contro mastodontici mostri subacquei: si potrebbe racchiudere in un questa sfida il senso di Pacific Rim, eppure c’è molto di più a cominciare da una riconversione in 3D sbalorditiva, probabilmente tra le più riuscite degli ultimi anni, e una scenografia imponente, suggestiva, emozionante. A tratti, a cominciare dal prologo che ci spiega le origini dei Kaijū, capace di tenerti inchiodato alla sedia e immerso letteralmente nella battaglia. Successivamente cominciano però i problemi: c’è molto di una cinematografia di riferimento, e non solo di nipponica tradizione, che lascia perplessi con una storia che si poggia su fondamenta già ampiamente sfruttate e per questo scricchiolanti. Taluni dialoghi lasciano sbigottiti causa un pressapochismo davvero evidente, a tratti imbarazzante, pur avendo tentato di percorrere una strada apparentemente ardita dotando i personaggi di un background emotivo  importante e ipotizzando una connessione neuronale necessaria per raggiungere una certa amalgama battagliera. L’impressione, in questo caso, è però quella di aver assistito al mero espediente, neanche troppo approfondito in realtà, creato ad arte per regalare profondità alla pellicola.

Profondità che, invece, viene raggiunta grazie alla digitalizzazione e a una gestione della messa in scena di Del Toro semplicemente avvincente, gagliarda, e minuziosa con un climax che sfiora il caotico ma che rende giustizia alla magnificenza del progetto giocando su un immaginario oceanico oscuro, popolato da giganteschi mostri che hanno già fatto il loro esordio sul grande schermo ma, che ora, possono “godere” dell’imponente dispendio economico hollywoodiano per ergersi come veri protagonisti di un avvincente blockbuster di due ore, circa. Consigliato, a un patto però: dimentichiamo le incoerenze dello script, gli striminziti dialoghi, la caratterizzazione dei personaggi che lascia a desiderare e godiamoci una pellicola che dal punto di vista visivo regala delle emozioni difficilmente raccontabili.

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