Alla ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma è stato presentato il secondo capitolo della saga di “Hunger Games”.
Segnaliamo subito una new entry “pesante” rappresentata da Philip Seymour Hoffman, ma sarebbe giusto dire che anche Jennifer Lawrence, dopo l’Oscar per “Il lato positivo” ha acquistato una maggiore consapevolezza e una sicurezza nei propri mezzi che traspare anche nella semplice presenza scenica. Confermatissimi Woody Harrelson, Donald Sutherland, Stanley Tucci, Josh Hutcherson e Liam Hemsworth.
Trama
Dopo i fatti del primo episodio Katniss e Peeta sono costantemente al centro dell’attenzione. Devono fingere di essere innamorati davanti agli occhi della gente e soprattutto dovranno convincere il Presidente Snow di non nutrire propositi rivoluzionari. Per sicurezza, però, Snow minaccia la stessa Katniss avvertendola della eventuale distruzione del suo distretto in caso di rivolta e decide di organizzare un Hunger Games alla memoria, dove potranno partecipare solo i tributi vincitori delle scorse edizioni. Per Peeta e Katniss sarà nuovamente lotta per la sopravvivenza.
Giudizio
Rispetto al primo episodio è aumentato il budget e quello che all’inizio era stato un successo soprattutto in terra americana si è trasformato in una approvazione mondiale con scene di vero e proprio isterismo durante la proiezione al Festival di Roma. La pellicola inizia con un ritmo piuttosto blando lanciando piccoli indizi – vedi le bacche – sul primo episodio, per non correre il rischio di imbattersi nello spettatore poco attento o con scarsa memoria. Il canovaccio, in realtà, è simile al precedente film ma il contenuto, soprattutto inizialmente, promette di essere più maturo, con l’odore di rivolta che si respira a Capitol City e con una eroina forte ed instabile che potrebbe far saltare l’equilibrio creato da Snow. Lo stesso Presidente appare meschino e determinato ma non vorrebbe far passare la ragazza per una martire. Insomma, gli ingredienti per una messa in scena in grande stile ci sono tutti. Eccome, c’è anche un attore del calibro di Philip Seymour Hoffman che si integra alla perfezione con il resto del cast. Eppure, il risultato è deludente. Non cadiamo in equivoci: “Hunger Games – La ragazza di fuoco” è un sequel ben realizzato e non ha sbavature particolarmente rivelanti, solo che potrebbe deludere a causa di un affievolimento sensibile dell’azione, là dove la battaglia viene sostituita dalla pressione psicologica, là dove il corpo a corpo diventa una lotta – condivisa – tra uomo e natura, tra uomo e animali. Un evidente e sensibile abbassamento del target per una saga che prometteva di sconvolgere con una tematica forte che vedeva dei bambini, o adolescenti, impegnati in sanguinari giochi con poche probabilità di sopravvivere e che ora rischia di omologarsi su contenuti prettamente teen, oltretutto non originali. Non vorremmo che la nostra eroina si trasformasse in una Harry Potter al femminile o che la trilogia viri irreversibilmente verso il fantasy proprio nel momento di sprigionare il suo lato più oscuro, con la rivoluzione contro il Tiranno.
In attesa del terzo e conclusivo episodio non ci resta che riflettere sulla genesi di Hunger Games, ben consci che al prossimo appuntamento tutte le carte dovranno essere scoperte. E, chissà, se sarà un fragoroso All In con la guerra tra ricchi e poveri, tra chi non ha nulla e chi ha troppo, tra onesti cittadini e politicanti corrotti o se sarà un semplice tris, magari buono per portare a casa la mano ma non per lasciare al tavolo verde, o nella sala cinematografica, un ricordo indelebile.