Da molti è stato definito l’ultimo cannibale ma è anche il padre del Torture Porn, quel sottogenere horror che mostra la violenza nuda e cruda, senza censura.
Stiamo parlando, ovviamente, di Eli Roth, il talentuoso regista di “Cabin Fever”, “Hostel” e “Hostel II” e interprete, nei panni dell’Orso Ebreo, in “Bastardi senza Gloria” dell’amico Quentin Tarantino. Grande ammiratore del cinema italiano del passato, in particolare degli Spaghetti Western e degli horror, invitò sul set di “Hostel II” Ruggero Deodato, il controverso autore di “Cannibal Holocaust”, per regalargli una piccola parte nel film. Un omaggio proseguito con “The Green Inferno”, un cannibal movie che Eli Roth ha presentato a Roma e che ripercorre un filone ormai abbandonato da anni a causa delle difficoltà di lavorazione e di distribuzione di pellicole nelle quali gli uomini sono mangiati come fossero panini del McDonald’s.
Trama
Un gruppo di studenti ambientalisti è intenzionato a fermare il massacro di una tribù amazzonica da parte di potenti multinazionali mosse dall’esigenza si sfruttare le ricchezze della foresta, a scapito della vita umana e dell’ambiente stesso. Tra ruspe e fucili, il destino della tribù sembra infatti segnato ma Alejando e il suo team di volenterosi ragazzi ha in mente una azione dimostrativa che trasmessa live, via web, potrà mostrare al Mondo intero gli orrori di quella porzione di Mondo e fermare la strage. Quando il piano sembra ormai essersi realizzato, l’aereo con a bordo Alejando e gli altri ragazzi precipita in piena Foresta Amazzonica. Sarà l’inizio di un incubo senza fine.
Giudizio
Agendo chirurgicamente sulla storia, con abili stacchi di camera e inquadrature fuori campo, Eli Roth riesce a rendere la sua pellicola decisamente sopportabile. La violenza viene stemperata a vantaggio di una messa in scena a tratti divertente che scimmiotta spesso e volentieri alcune abitudini giovanili che sfociano facilmente in moda non avendo basi solide alle spalle. Come i protagonisti di “The Green Inferno” che, sedotti da un sedicente leader, si trovano a sostenere la causa di una tribù che, invece, vorrebbe tranquillamente banchettare con loro. Ed è su questo neanche sottile paradosso che gioca Roth, mostrandoci come anche essendo vegani in caso di necessità si può mangiare carne – magari umana – o come le rivoluzioni di oggi vengano ideate sul web perché l’importante è apparire. Alla faccia dell’impegno silenzioso e nobile.
The Green Inferno si nutre del cinema di genere, da Deodato con “Cannibal Holocaust” e “Ultimo Mondo Cannibale” a Umberto Lenzi e i suoi “Mangiati vivi” e “Cannibal Ferox”. Non abusando però della componente erotica molto più accentuata nelle pellicole del passato e limitandosi a una tesissima scena che fa solo presagire l’orrore della mutilazione genitale femminile, una pratica ancora in uso presso determinate tribù.
La protagonista della pellicola è Lorenza Izzo, una modella cilena che da qualche anno ha cominciato ad apparire sempre più frequentemente al cinema con la partecipazione ad “Aftershock”, una pellicola horror cilena che annovera tra i protagonisti lo stesso Eli Roth e Selena Gomez. In “Aftershock” troviamo altri due attori presenti in “The Green Inferno”, Ariel Levj e Nicolas Martinez, mentre il regista della pellicola, Nicolás López ha partecipato a quest’ultima opera di Roth, nelle vesti di produttore e sceneggiatore.
Esame passato per il regista di “Hostel”. Non esagerando nello splatter e nel gore, non inondando fiumi e foreste di rosso sangue, ha potuto realizzare una pellicola che raccontasse qualcosa che andasse al di là dei succulenti pranzi degli indigeni. E, pensandoci bene, strappare una risata in un cannibal movie è davvero una impresa. Più di qualsiasi trucco a buon mercato o meno della Hollywood bacchettona.