Urla, canzoni, frasi banali, balletti e aneddoti da libro cuore. Così si riassumono i 92 minuti scarsi di “Justin Bieber’s Believe“, secondo film (firmato da Jon Chu) riguardante il percorso artistico del fenomeno pop canadese e prodotto da Bieber Time Films, Scooter Braun Films e Dolphin Films.
A distanza di 2 anni dal primo docu-concerto (“Never Say Never“), Justin Bieber torna sul grande schermo (solo per due giorni, il 4 e 5 Febbraio) per raccontare l’irraccontabile: il suo successo vissuto con sorprendente normalità, la sua bontà, il bellissimo rapporto con le fan, l’umiltà e la sua bravura artistica (unica cosa su cui non discutiamo).
Unite insieme tutti questi elementi e avrete il nuovo film di Justin Bieber: un’accozzaglia di sentimentalismi, concerti esplosivi e canzoncine orecchiabili spacciate per capolavori.
Il vero obiettivo dello “spettatore non Belieber” è trovare un senso all’esistenza di un film simile, che non sia quello di pubblicizzare semplicemente il “prodotto Justin“, macchina da soldi che in questi mesi sta già pagando il prezzo del suo successo (Leggi qui). La regia di Jon Chu è totalmente assente, o perlomeno insignificante, dato che il film è un montaggio dei backstage, concerti e interviste. Nessun omaggio a Fellini o Clint Eastwood, mi dispiace. Jon Chu riesce addirittura a non omaggiare neanche se stesso.
Dal film esce l’immagine di un Justin Bieber perfetto, carino con tutti, sexy, spiritoso, amichevole, religioso e che sa far tutto. Lui cura la regia del film, la regia di un suo video, lui scrive canzoni, lui produce canzoni… Benvenuti nel falso mondo dello spettacolo.
“Ciak, si gira!” e partono le lacrime nel menzionare Avalanna Routh, bambina di 6 anni affetta da un raro tumore al cervello e scomparsa nel Settembre 2012, nonchè altro strumento che Justin dimostra di saper suonare molto bene. Perchè se uno si commuove lo deve dire chiaramente, in diretta, davanti al suo pubblico; così fa pure audience. Che poi le volesse davvero bene non lo mettiamo in dubbio, ma vuoi mettere far vedere tutta la sua umanità?
Insomma, “Justin Bieber’s Believe” è solo uno spot un po’ più lungo, che tende ad esaltare la figura di un ragazzino ricco, famoso, ma con la testa sulle spalle. Perché l’importante, come dice lui, è credere nei propri sogni. Frasi profonde vendute come passi del vangelo. E’ in questi momenti, così frivoli e banali, che Justin arriva più in basso dei pantaloni che indossa.
In poche parole, il film è sconcertante, ma sarà senz’altro un successo al botteghino. Non abbiamo idea di quanto possa essere costata una pellicola simile; ma se Jon Chu e Justin Bieber avessero aspettato ancora qualche mese, con un semplice click e un risparmio di tempo e denaro considerevole avrebbero potuto condividere il loro personale film di Facebook da un minuto e mezzo. Sarebbe senz’altro venuto meglio.