“Nymphomaniac” è l’ultima opera del regista Lars Von Trier, e segue un ideale percorso depressivo cinematografico iniziato con “Antichrist” e continuato con “Melancholia”.
Il film è stato distribuito in due parti a causa della eccessiva durata (4 ore circa a cui mancano più di 60 minuti di girato che vedremo nel director’s cut) ed è stato accompagnato da una furba e martellante campagna pubblicitaria tra trailer ammiccanti e locandine orgasmiche con i protagonisti della pellicola. Tra questi, spiccano: Charlotte Gainsbourg nel ruolo della ninfomane Joe, Stellan Skarsgård in quello di Seligman, un uomo colto e gentile che ascolterà il bildungsroman a sfondo sessuale della donna, Stacy Martin, una giovane modella francese che qui indossa i panni della giovane Joe, Christian Slater nelle vesti del padre della ragazza, Shia LaBeouf nel ruolo di Jerôme, il primo amore di Joe, e Uma Thurman interprete di una isterica Mrs H., abbandonata dal marito.
Trama Vol. 1
L’anziano scapolo Seligman, uscito di casa per recarsi in una drogheria, soccorre una giovane donna gravemente ferita e la porta nella sua abitazione. La donna qui rivelerà la sua identità: si chiama Joe ed è una ninfomane. Se Seligman è disposto ad ascoltare, lei gli racconterà tutta la sua storia partendo dal principio.
Giudizio Vol.1
Il film è diviso in capitoli e racconta delle pulsioni e perversioni sessuali di Joe, una donna ormai arrivata al mezzo secolo di vita che, sin da bambina, ha maturato un approccio fin troppo estremo con il sesso. Eppure sarebbe facile abbandonarsi a facili moralismi e bollare il suo comportamento come frutto della depravazione umana, nello specifico femminile. La stessa donna si autodefinisce una “cattiva persona” e sembra sfidare il suo interlocutore invitandolo ad esprimere un giudizio severo sui suoi comportamenti. Non sarà così, poiché Seligman accompagna le storie della donna con interessanti, e anche divertenti, digressioni che abbracciano campi diversi,dalla letteratura alla musica, alla geometria. E la sensazione di una opera summa del regista danese appare evidente nel tentativo di intervallare pittoresche avventure sessuali, tra le quali una seduzione completa operata da Joe e dalla sua amica ai danni dei viaggiatori di sesso maschile di un treno con in palio, per la vincitrice, un mazzo di cioccolatini, con argomenti di ampio respiro come l’antisemitismo, messo in antitesi con l’antisionismo. Non sono la stessa cosa, ama ripetere Seligman, quasi a voler giustificare gli apparentemente deliranti discorsi del suo “creatore” Von Trier, protagonista, in occasione di una conferenza stampa a Cannes in occasione della presentazione di Melancholia, di un folle soliloquio su Hitler, la religione ebraica, il sionismo e, in generale, il comportamento degli ebrei e dello stato di Israele. Ed ecco che per un attimo proprio Seligman sembra essere una rappresentazione dello stesso regista danese, intento ad ascoltare per ore una donna nonostante le ripetute ed ingiustificate accuse di misoginia che nel corso della sua carriera gli sono state rivolte.
Nymphomaniac, ovvero la storia di una ninfomane, mostra il fianco a queste flebili accuse, ma è una imputazione che non ha fondamento, è una critica che non può che rimanere in superficie, considerata la poetica con la quale vengono narrate le “gesta” di Joe. Ed è per questo che, nonostante alcune penetrazioni, sia vaginali che anali, una fellatio consumata velocemente ai “danni” di un uomo sposato e una veloce galleria di genitali – di diverse etnie – “Nymphomaniac” non può essere considerato un film pornografico o una mera esibizione della perversione femminile. Non è una accusa al genere che, invece, coraggiosamente sembra andare costantemente alla ricerca di una propria identità, senza paura o pregiudizi. Tra curiosità, gioia e dolore.