Si mette male per il boss camorrista Pietro Savastano, finito nel carcere di Poggioreale sotto il regime di un comandante integerrimo e molto furbo. Don Pietro ha il rispetto di tutti i carcerati, ma stando chiuso fra quattro mura è difficile comandare il suo clan.
Nel terzo episodio di “Gomorra – La serie“, gli autori ci invitano ad entrare nella dura e difficile realtà delle carceri italiane, intervallandola col mondo esterno in cui è il figlio Genny (Salvatore Esposito) a dover comandare al posto del boss.
Se per un caso (inspiegabile) i caratteri dei personaggi non fossero stati abbastanza chiari nei primi due episodi, in questo essi si fortificano ancora di più, trasformando le impressioni in decise convinzioni: Genny, è chiaro, non è in grado di gestire gli affari del padre. Ma andiamo con ordine e ricostruiamo le vicende che vengono raccontate in questo terzo e emozionante episodio:
Come detto, Don Pietro è marcato stretto dal direttore del carcere e nonostante i suoi sforzi, grazie alle sue conoscenze, non riesce a muoversi e a comandare come vorrebbe. Dunque sarà Genny, da ora in poi, a dover gestire tutto: sarà lui l’uomo di casa. Ma il figlio è solo un piccolo delinquente e nulla più, maggiormente avvezzo a fare lo spaccone piuttosto che a sporcarsi le mani o dare ordini. Il suo chiodo fisso è trovare una ragazza, così è Ciro (Marco D’amore) che con una semplice telefonata sistema tutto. Il piccolo boss esce così con Noemi, la ragazza che aveva incontrato in discoteca tempo prima e che desiderava ardentemente. Conquistarla, quando si ha così tanto potere, è un gioco da ragazzi.
“Grazie per essere venuta..”
“Allora? Che mi dovevi dire?”
“Io stasera mi sento un Re. Vuoi essere la mia Regina?”
Ed è qui che “Gomorra – La Serie” regala al pubblico una delle scene finora più emozionanti. Mentre Alessio (un famoso cantante neomelodico) fa per Genny e Noemi una serenata sotto al loro balcone, nel duro carcere di Poggioreale Don Pietro vive il suicidio del giovane Pasqualino, a cui avevano appena dato 10 anni di reclusione. Le immagini cozzano l’un l’altra per contenuto e intensità emotiva. Da un lato il clima festoso e colorato di una canzone vivace, dall’altro il dolore e l’oscurità di una morte notturna.
Don Pietro preme affinché l’avvocato lo tiri fuori da lì prima possibile e nel frattempo continua la sua lotta di orgoglio e potere con il direttore del carcere. Gennaro torna a casa – ubriaco e in compagnia della sua nuova conquista – dove ad aspettarlo c’è la madre Imma (il cui ruolo è certamente destinato a ispessirsi), contrariata per l’atteggiamento del figlio. Lui la rassicura con una frase che per l’impero dei Savastano suona come una minaccia: non devi più preoccuparti, mammà. Ora sono io l’omm ‘e casa.