“Heart of the sea – le origini di Moby Dick” è il nuovo film di Ron Howard con Chris Hemsworth, Cillian Murphy e Brendan Gleeson. E fa un buco nell’acqua.
Il film è basato sulla storia vera della baleniera Essex che nel 1820 venne affondata da una grande balena. La vicenda ispirò lo scrittore Herman Melville nella scrittura del romanzo del 1851 “Moby Dick“; mentre il film di Ron Howard vuole raccontare quell’episodio basandosi sul libro del 200o di Nathaniel Philbrick (In the heart of the sea).
Scelta di tutto rispetto, ma risultato poco entusiasmante.
Heart of the sea
L’esperto e ambizioso Owen Chase (Chris Hemsworth) viene nominato Primo Ufficiale della forte e potenziata baleniera Essex nonostante le promesse degli armatori di promuoverlo al grado di capitano, ruolo affidato invece al giovane e ‘raccomandato’ George Pollard (Benjamin Walker). Il rapporto fra i due si fa subito teso, ma entrambi saranno ben presto costretti ad affrontare un nemico comune: un enorme e potente capodoglio che vuole vendicare la loro caccia alle balene.
Heart of the sea racconta del coraggio, l’ambizione e la cupidigia dell’uomo, ma anche del suo rapporto con la natura, con se stesso e della sua disperata lotta alla sopravvivenza. Nonostante ciò, tutto questo non viene rappresentato bene come spereremmo. Possiamo tranquillamente dire che la storia sul mito di Moby Dick non è né carne, né pesce. Fin dalle prime immagini l’aspetto delle creature marine lascia un po’ perplessi, tanto da pensare che il montaggio frenetico e confusionario in alcune scene sia più un escamotage per nasconderne i difetti piuttosto che una scelta registica.
Le difficoltà nel ricreare una storia marinaresca sono molte e si notano. I movimenti dell’acqua, gli schizzi provocati dai salti (giganteschi) delle balene: è stato fatto il possibile per renderli credibili, ma il risultato è così così. Ron Howard prova pure a suscitare qualche emozione aggiungendo dei colpi di scena che però sono prevedibili e da Libro Cuore.
La balena
Uno dei punti peggiori del film è il capodoglio enorme e vendicativo, da tratti così umani da pensare che da un momento all’altro possa saltar fuori dall’acqua e salutare i balenieri con una pinna come in un parco acquatico. Va bene che lo stesso Moby Dick rappresentasse una metafora della vita e non per forza un semplice animale marino, ma che almeno non gli venissero date le sembianze di un qualunque giustiziere dotato di determinazione e senso di umanità era lecito aspettarselo. Non solo distrugge la nave costringendo l’equipaggio al naufragio su scialuppe di salvataggio, ma li segue per giorni e giorni in attesa di trovare il momento giusto per dare loro il colpo di grazia.
Poco credibile e stucchevole, infine, il senso di rimpianto che provano alcuni personaggi dopo la cattura di una balena. Temo che dovremo farci l’abitudine: la morte di un animale deve essere sempre un momento tragico a prescindere. Perché l’animale, checché ne dica il termine, in realtà è sempre più umano di qualunque persona in carne ed ossa. Ha uno sguardo intenso, prova pietà, commiserazione, vendetta, ed ha un senso di giustizia.
Bene così. Ma è tutto così noioso. E anche per questo Heart of the sea è un film che si dimentica facilmente. Resta a galla, ma rimane fermo nello stesso punto, come una boa.