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“Gomorra 2 – La Serie”, episodio 3: Mea Culpa

Terzo episodio di “Gomorra 2 – La Serie“, ed è già tempo di lunghi sospiri e momenti di forte impatto emotivo. Come sempre vi avvisiamo di non proseguire la lettura se non siete in pari con le puntate. Avviso di +++SPOILER+++ ancor più doveroso in questo episodio.

Puntata che si focalizza principalmente su Salvatore Conte, detto “Lo Spagnolo”, personaggio che nella prima stagione si è ricostruito fama e potere passo dopo passo, giungendo a un trionfante ritorno in patria aiutato dal nemico-amico Ciro Di Marzio. Il boss degli Scissionisti è tornato nel suo quartiere a occuparsi di affari, raccogliere il rispetto delle famiglie e talvolta a fare da padrino a un battesimo.

Uno degli aspetti immancabili di Gomorra è l’ipocrita religiosità dei suoi personaggi, tutti pronti ad accendere un cero alla Madonna prima o dopo aver fatto ammazzare qualcuno, o avvelenato i quartieri con l’eroina. E’ emblematico e senza stupore, quindi, l’organizzazione dell’arrivo della droga dentro statuette della Vergine Maria da parte degli uomini di Conte. Ma guai a toccare la Chiesa come istituzione, anche se la tentazione si presenta con forza nei panni di un prete che fastidiosamente dice “NO alla droga”.

Salvatore Conte (Marco Palvetti)

Dicevamo di Conte. Un uomo deciso, calcolatore e potente, ma che stavolta possiamo vedere da vicino scorgendone delle interessanti sfumature: la fragilità della sua anima, i suoi punti deboli, i dubbi.
Salvatore Conte è innamorato, o meglio, prova una profonda attrazione verso qualcuno. Ma non uno qualunque. La sua bramosia è tutta per Nina (Alessandra Langella), giovane cantante transessuale. Va da sé che le cose si complichino terribilmente per Don Salvatò, che cerca di nascondere la relazione alla madre, ai suoi uomini, ma soprattutto a se stesso. Amore-odio. Attrazione-avversione.

Le sicurezze del boss iniziano a vacillare. E’ un dramma psicologico, culturale e religioso che rende Conte vulnerabile e cieco di fronte all’ascesa al potere di Ciro Di Marzio, che invece ha già rinunciato a sua moglie.
Date le premesse, il personaggio “che può fare a meno di tutto e non ha paura di niente” inizia a sgretolarsi lentamente lasciando spazio ai nemici, fra tutti lo spietato Ciro.

Il sangue che scorre fra l’Immortale e lo Spagnolo non è affatto buono e quest’ultimo non aspetta altro che un passo falso di Ciro per farlo fuori. Come Iago nell’Otello di Shakespeare, Ciro fa insinuazioni, tesse trame avvelenando la fedeltà dei clan a Conte.

U prim’ che esc a cap da fuor ‘u sacc, ce la tajamme. E la prima c’ha da cadr è a capa de chell’ merd’ ‘e Ciro Di Marzio. Lu sapimm a chell. Nun ci potimm fidà.

Intanto la storia d’amore fra Nina e Conte continua in gran segreto, col boss che spaccia la sorella del cantante per la sua reale fidanzata. Ma quando arriva il giorno del suo compleanno, di fronte a tutti i suoi alleati, si presenta Nina, che viene pesantemente sfottuta da un piccolo boss che siede di fianco a Salvatore Conte. Lo Spagnolo soffre in silenzio, impossibilitato a prendere le difese di quello che nell’ambiente è volgarmente definito un femminiell‘. Ma la vendetta è un piatto che va servito freddo, precisamente al momento del dolce: il boss afferra il coltello e con un gesto di stizza lo pianta nella mano del derisore.

Apriti cielo. L’onore è in parte salvo, ma il rispetto dei clan affiliati è a un passo dallo sfuggirgli di mano. Rifiutato definitivamente da Nina, Conte scende un successivo scalino verso la debolezza. Tormentato nei pensieri e nell’onore, si lascia andare alla tentazione di una vera sigaretta, abbandonando quella elettronica, da sempre simbolo della sua rettitudine e forza di volontà.
L’Immortale intanto, approfitta della situazione. Contatta il piccolo boss accoltellato da Conte e gli offre di tradirlo per dare inizio a un giro d’affari più proficuo ed equo di quello presente finora. Il boss accetta e nella scena successiva telefona a Ciro informandolo sugli spostamenti di Don Salvatò. Ma in realtà sta facendo il doppio gioco. Conte è insieme a lui e sta assistendo in diretta all’ennesimo tradimento di Ciro. La telefonata si chiude in un click che suona già a morto per colui che è soprannominato l’Immortale.

E’ l’ora della resa dei conti, con la carne e con lo spirito. Un Salvatore Conte fragile come non mai espia i suoi peccati partecipando alla processione dei battenti. Flagellandosi il petto con una spugna appuntita lascia sgorgare il sangue in remissione di tutti i suoi peccati passati, presenti e futuri.
Al termine del rito, all’interno della chiesa, Conte si trova faccia a faccia con Ciro Di Marzio. Le ultime sentenze, poi è il momento di porre fine alla questione. Ciro viene fatto inginocchiare e trattenuto dal boss doppiogiochista che è in procinto di tagliargli la gola, ma all’ultimo istante la lama cambia direzione andando a bagnarsi del sangue caldo di Salvatore Conte.
Occhi sbarrati, gola tranciata di netto. Il cielo si chiude e cala il buio più profondo su Conte, tradito dal triplo gioco degli alleati.

Ci hai mai penzat, Cirù. U serpient, sta sempr colla Maronn’… e mai co Gesù.
Solo Issa sa chell che s’ha da fà. Co pied o tien fierm in terra, senza bisogn di lu scamazzà.
E pure io volevo fa accussì cu te. Eh, je nun song la Maronn’, però.
Je i serpenti come te, la capa ce l’aggià a tajà.

Esce di scena uno dei personaggi migliori di “Gomorra – La Serie”, interpretato divinamente da uno straordinario Marco Palvetti. Un boss spietato nella sua eleganza, all’apparenza così lontana da quella truce realtà. Un personaggio costruito su frasi lapidarie, studiato e rappresentato con dettagli maniacali.
Gomorra compie un atto di coraggio sacrificando forse il suo personaggio migliore e lanciandosi verso un futuro misterioso ed intrigante. Da chi raccoglierà l’eredità artistica di Conte/Palvetti si capirà se la serie è riuscita a ripetere il capolavoro fatto con la prima stagione e a celebrare definitivamente la sua maturazione totale.

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Le puntate precedenti di Gomorra 2:

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