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Blue Whale e Le Iene: le dichiarazioni di Matteo Viviani

Con il suo servizio del 14 maggio sul fenomeno della Blue Whale, Matteo Viviani de “Le Iene” ha creato molto scalpore, tanto che non si parla d’altro da settimane ormai.

Ma fin da subito chi ha seguito la trasmissione, oltre a restare scosso, non è stato pienamente convinto di quanto narrato. Riassumendo, Matteo Viviani partiva dal caso del suicidio di un ragazzo a Livorno per arrivare fino in Russia, parlando di 130 suicidi di adolescenti tutti collegati a questo fenomeno. La Blue Whale nasce sui social network, un meccanismo perverso tramite il quale alcuni “curatori” contatterebbero i ragazzini, mettendoli costantemente alla prova. 50 passaggi da superare – tra film horror e autolesionismo – fino ad arrivare alla prova finale, la morte. Ovviamente è scattato subito l’allarme ma di pari passo è scattata la psicosi. Se prima non si era mai sentito nominare il fenomeno, il giorno dopo c’erano decine di casi sparsi per tutta l’Italia, alcuni di ragazzini/e seriamente a rischio. Un’associazione vera e propria con quanto affermato da Matteo Viviani nel suo servizio, non è stata trovata. Dopo le polemiche scatenate, l’inviato de “Le Iene” ha continuato ad affermare di aver trovato il supporto della Polizia, la trasmissione ha mandato in onda un’intervista di Viviani a Elisabetta Mancini, primo dirigente polizia di Stato, della direzione Anticrimine. La Mancini ha confermato di aver ricevuto diverse segnalazioni e ha ringraziato la trasmissione ma, ancora una volta, non ci sono prove concrete di un collegamento con la Blue Whale.

La pagina “Alici come prima” ha pubblicato un video che spiega molto bene il modo in cui è stato montato il servizio de “Le Iene“, utilizzando spezzoni di video che non erano in alcun modo collegati al problema della Blue Whale. Alcuni giornalisti che si erano occupati del problema prima che diventasse un caso mediatico avevano esposto le loro perplessità ma allora la questione era praticamente passata in sordina. Anche il sito Valigia blu analizza molto bene la questione. Non ci sono tutt’ora prove della non esistenza della Blue Whale, ma è importante precisare che non ce n’è nemmeno altre che vadano a confermare quanto affermato da Matteo Viviani. Con il suo servizio si è scatenato l’allarmismo e il rischio emulazione è aumentato esponenzialmente. Selvaggia Lucarelli lo ha intervistato per Il Fatto Quotidiano e l’inviato de “Le Iene” ha ammesso di non aver verificato le fonti ma ha provato anche a difendersi con giustificazioni (“La polizia mi dà ragione”) che, in tutta sincerità, non sembrano plausibili. Eccone alcune:

  • La polizia italiana ha confermato l’esistenza di un allarme sociale e mi ha ringraziato per l’attenzione che ho portato sul fenomeno, va ricordato.
  • Io so solo che non posso praticare l’omertà su un argomento e se ho contribuito a salvare anche una sola persona, per me il mio è stato un lavoro prezioso.
  • Ascolta. Questa cosa di voler cercare la debolezza nel servizio o certi titoli allucinanti che ho letto tipo “Le iene incastrate nella loro falsità dal web” alla fine ha l’effetto di abbassare l’allerta su questo fenomeno che esiste e che secondo me è anche più grave di come lo ho raccontato. Io ho fatto una cosa importante, ho fatto capire a molti genitori che devono vigliare sui loro figli e sui pericoli del web.

Il post integrale di Selvaggia Lucarelli

Non è da escludere che quanto sta accadendo possa avere ripercussioni sull’operato di Matteo Viviani e della trasmissione. Se da una parte è bene avvisare i genitori di stare più attenti a quello che fanno i figli, dall’altra è molto importante non cadere mai nella disinformazione (nè nello sciacallaggio in stile d’Urso), non creare allarmismi e non trattare con spettacolarizzazione argomenti così delicati. Per chi avesse dubbi su come affrontarli, meglio leggere la Carta di Treviso o esimersi dal trattare l’argomento.

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