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“Gaga: Five Foot Two”: la recensione del documentario su Lady Gaga

Un anno nella vita di Lady Gaga racchiuso in poco più di un’ora e mezzo di documentario firmato da Chris Moukarbel.

Gaga: Five Foot Two” è il documentario sulla vita della popstar uscito su Netflix, un modo per conoscere da vicino uno dei personaggi più interessanti ed eclettici degli ultimi anni. Con l’avvento dei social network abbiamo visto che i cosiddetti vip hanno trovato un modo per “umanizzarsi” e cercare di coinvolgere, chi più chi meno, il pubblico nel proprio quotidiano. Lady Gaga è sempre stata apprezzata dai suoi fan, i little monsters, perché ha sempre fatto sentire il suo affetto. E al di là dei social, ha deciso di farlo con un documentario che mostra com’è andato l’ultimo anno, carico di eventi. La vita non è rose e fiori per nessuno, nemmeno se ti chiami Lady Gaga. “Gaga: Five Foot Two” racconta tutto l’impegno che l’artista mette in ogni suo spettacolo ma ne mostra anche l’aspetto più fragile, senza nascondere le sue lacrime nè il suo dolore fisico.

Proprio nei giorni scorsi Lady Gaga ha dovuto interrompere il suo tour, nel documentario la sua condizione è ancora più chiara. La cantante soffre di fibromialgia, un costante dolore fisico che al momento ha compromesso la sua possibilità di esibirsi. E a tre anni di distanza, l’anca rotta continua a crearle non pochi problemi. C’è una squadra alle sue spalle pronta a prendersi cura di lei, il dolore si allevia per poco ma poi torna. Sono l’adrenalina e i suoi fan a tenerla in piedi e a spingerla a continuare, dice Lady Gaga. Non mancano la psicologia spicciola e le mosse più “populiste”, se vogliamo, in cui tenta di immedesimarsi in chi non ha le sue stesse possibilità economiche. Conoscendo l’impegno della cantante di “Joanne” nel sociale, però, gliele possiamo concedere.


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Il documentario parte da quando manca ormai poco alla pubblicazione di “Joanne“, l’album che segna una svolta decisiva nella carriera di Lady Gaga. Non serviva un film per capirlo, era bisognosa di cambiare e tornare a cose più semplici. Lo dice lei stessa, adora gli abiti di alta moda e tutte le stranezze alle quali ha abituato il suo pubblico, ma sente il bisogno di mostrarsi più naturale, ora che ha maggiore consapevolezza. Si sente finalmente una donna consapevole di meritarsi quello che si è guadagnata. Incredibile ma vero, non è sempre stata convinta del suo talento. Non nasconde, tuttavia, la paura di deludere i fan, soprattutto quelli che la seguono fin dall’inizio. A posteriori, visti i risultati registrati dall’album, le paure erano immotivate. Ma “Gaga: Five Foot Two” svela anche che ci troviamo di fronte a una donna ambiziosa, che non ha alcuna intenzione di scendere a compromessi e lavora con precisione maniacale. Lady Gaga pretende il massimo perché dà il massimo, la vediamo perdere le staffe ma senza mai porsi al di sopra degli altri, lanciando frecciatine qua e là, un po’ a Madonna e un po’ a Donald Trump. Chiede precisione, la sua performance dipende dal lavoro di tantissime persone ma è il suo nome quello che viene riportato anche solo per il minimo errore. E le critiche sono sempre dietro l’angolo: quando esce il primo singolo dell’album appare chiaro, tra chi dice di rivolere indietro la vecchia Gaga e chi invece la elogia. Non si possono accontentare tutti, Lady Gaga lo sa ma la sua maniacalità prende il sopravvento. Senza quella, dopotutto, non avrebbe potuto realizzare quanto fatto finora, in particolare il suo sogno più ambizioso di tutti: l’esibizione al Super Bowl, qualcosa di irripetibile.

Oltre al dolore fisico, Lady Gaga ha molte altre fragilità: il documentario la riprende nel periodo in cui ha appena chiuso la sua storia con Taylor Kinney (erano fidanzati ufficialmente) ed è ormai convinta che ad ogni grande successo corrisponda la perdita di un grande amore. A questo si aggiunge la perdita imminente dell’amica Sonja Durham, alla quale è dedicato il film. L’artista newyorchese vive in una perenne condizione di solitudine, dice di non sopportare di essere a casa da sola, in silenzio, senza una persona che la ami davvero, dopo aver trascorso tutto il giorno a stretto contatto con tantissima gente. Alle sue spalle, per fortuna, c’è una famiglia che la supporta in tutto e per tutto e che è molto unita. Grazie a quella famiglia è nato “Joanne“: è il nome della zia della cantante, morta a 19 anni a causa delle complicazioni del Lupus. Il momento più commovente è forse quello in cui Lady Gaga va a trovare la nonna, rispolvera i vecchi ricordi della zia e spiega di aver realizzato il disco per la nonna e il padre, che hanno sofferto molto per la perdita di Joanne. E fa ascoltare il brano che porta il suo nome alla nonna, impossibile non commuoversi insieme a lei, anche se a tratti la nonna sembra spaesata e il richiamo al passato appare una forzatura. Tra un attacco di panico e una crisi di pianto, scopriamo che Lady Gaga piange spesso ma non si arrende, il documentario è dinamico, fatica a contenere tutti gli eventi dell’ultimo anno. Che sia una buona mossa di marketing oppure no, “Gaga: Five Foot Two” centra il punto e riesce a sdoganare i cliché della perfezione che dominano il mondo dello spettacolo. Siamo abituati a performance spettacolari e tecnicamente impeccabili pensando che siano dovute e naturali, ma quello che vediamo (e critichiamo) è solo la punta dell’iceberg e spesso dimentichiamo che si tratta pur sempre di esseri umani. Dietro ci sono decine di persone, stress e un dolore che viene nascosto sotto abbondante trucco.


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Un esempio lampante è quello del giorno in cui Lady Gaga deve partecipare al compleanno di Tony Bennett, quasi non riesce a muoversi ma si rimette in forma per l’occasione e regala una delle versioni più intense della hit “Bad Romance“. Riesce a trasformare il suo dolore nell’energia da spendere per il suo pubblico, fa sorprese ai suoi fan, è schietta e ritrova subito il sorriso.  Non si ferma davvero mai: mentre è in camerino per il trucco suona il piano, se si sottopone a un trattamento, deve trovare anche il tempo di farsi truccare per correre a qualche evento. Un’altra cosa divertente è il momento in cui entra da Walmart per controllare quante copie di “Joanne” ci siano in vendita e scopriamo che il travestimento in stile Clark Kent funziona: bastano un paio di occhiali di sole per rendere una persona irriconoscibile!

Tirando le somme, i dubbi sul fatto che sia un’altra trovata pubblicitaria possono essere leciti ma è vero anche che ognuno è libero di vivere il proprio dolore nel modo che ritiene migliore. Un’artista di questa portata, è evidente, ha la necessità di comunicare con l’esterno, di condividere continuamente, riempire quella solitudine che la tormenta e alla fine del documentario le sue intenzioni sembrano reali e più che convincenti. Piccolo appunto: sarebbe stato sicuramente più d’impatto chiudere “Gaga: Five Foot Two” con la scena in cui arriva finalmente il momento del Super Bowl e i piedi di Lady Gaga si sollevano, pronti a regalare al mondo intero uno spettacolo impeccabile e memorabile.


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Inarrestabile Gaga - Un documentario che racconta com'è la vita da popstar dietro le quinte.

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