Siamo andati a vedere in anteprima La forma dell’acqua – The shape of water, l’ultima fatica di Guillermo del Toro che ha vinto il Leone d’oro al miglior film alla 74ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e non possiamo che dirci entusiasti della visione.
Ma andiamo con ordine. Il film, ambientato nell’America della Guerra Fredda e della corsa allo spazio, narra la storia d’amore fra Elisa (una strepitosa Sally Hawkins) e la Creatura, un misterioso essere marino prigioniero del governo. Elisa, che non è capace di parlare, vive una vita abitudinaria e un po’ noiosa, ma nasconde un animo e un carattere che nessuno si aspetterebbe e nella Creatura ritrova un suo simile, un mostro che in lei non vede alcuna stranezza, se non la gentilezza e la poesia. Grazie all’aiuto di altri anormali, Elisa tenterà di salvare il suo amore da una morte sicura.
Il film riserva una sorpresa dietro l’altra, pur restando sempre saldamente aderente al suo intento principale, narrare una storia dove persone apparentemente lontane fra loro, si ritrovano unite allo scopo di salvare quello che per tutti gli altri è solo un orrendo mostro. Sally Hawkins è semplicemente enorme, nel dipingere un personaggio difficilissimo, che sarebbe stato fin troppo facile trattare come l’ennesimo fragile freak. È invece proprio grazie alla sua fragilità che Elisa è capace di gettare il proprio cuore oltre le apparenze e regalarlo a quella creatura che è a suo modo bellissima, semplice e forse molto più di ciò che sembra. E a fare da contraltare un altrettanto grande Michael Shannon che rende repellente, ma anche tremendamente umano il suo colonnello Strickland, il vero mostro di tutta la storia. E i coprimari, tutti estremamente in parte ma soprattutto scritti benissimo, regalano un lavoro straordinario, dove nulla, ma proprio nulla è fuori posto.
L’intero film, tornando alla scrittura, non mostra alcuna sbavatura ma non teme di osare trasformandosi in alcuni momenti proprio in ciò che meno lo spettatore si aspetterebbe. E proprio qui credo che il regista abbia avuto modo di dimostrare (quando fin troppo spesso in altri contesti è una definizione usata a sproposito) una piena maturità artistica. Misurato, accurato e privo di quegli scatti di violenza inaudita che di certo ricorderete in ogni suo film precedente sembravano leggermente gratuiti benché sempre motivati. Ecco, in La forma dell’acqua – The shape of water tutto è all’interno di uno scopo preciso, tutto è teso a narrare una meravigliosa storia d’amore in una accezione che travalica il semplice romanticismo, per arrivare a qualcosa di più. Quella Creatura va salvata perché ucciderla sarebbe un delitto, l’unico vero orrore, per più di un motivo. E in questo, confermato da molte altre scelte del film, si ritrova un piccolo grande sottotesto che non faticherete a individuare. Il cinema, soprattutto certo cinema, merita di essere salvato perché in questi tempi di rinnovato oscurantismo qualunque cosa possa ricordarci che al di là dei nostri ristretti confini, difetti e debolezze, c’è molto di più, e va portato in salvo a ogni costo. Esistono ancora cose come l’affetto, il coraggio, la bellezza e ancora più importante forse, la responsabilità di fare ciò che è giusto, costi quel che costi. Gli auguriamo tutti gli Oscar possibili, perché sarebbero tutti meritati. Da vedere assolutamente.