Netflix ha deciso di rilasciare le stagioni di “Disincanto” divise in due parti, per cui quella uscita il 20 settembre altro non è che la parte 2 della prima stagione.
La prossima, com’è già stato annunciato da tempo, arriverà con la prima tranche nel 2020 e con molte aspettative da parte del pubblico. Proprio come nella sua prima parte, infatti, “Disincanto” lascia qualche dubbio su dove stia andando a parare. Al punto che non è chiaro se la scelta sia intenzionale o se, di fatto, Matt Groening stesso sia un po’ confuso sulle dinamiche della storia che vede protagonista la principessa Tiabeanie.
Rispetto alla prima parte, com’era plausibile, assistiamo sicuramente a un’evoluzione dei personaggi, in particolar modo nei primi episodi. La storia riparte da dove si era fermata ormai più di un anno fa: a Dreamland tutti sono stati trasformati in pietra e Tiabeanie non vede l’ora di vivere il suo rapporto con la madre, salvo scoprire in lei una strega malvagia. Il povero Elfo, sacrificato a favore della perfida Dagmar, viene riportato in vita (niente spoiler, era annunciato nel trailer) e il piccolo demone Luci gioca un ruolo fondamentale in questo. Il trio, anche in questa seconda parte, rimane compatto mentre ne succedono di tutti i colori.
Buona parte dei dieci episodi, però, rimane autoconclusiva, proprio come successo nei primi dieci. Anche in questo caso il cliffhanger è dietro l’angolo e vengono accennate le tematiche che verranno trattate nella seconda stagione. In mezzo a tutto questo assistiamo all’evoluzione del Re Zøg e della sua corte, che si arricchisce di nuovi abitanti, nuove minacce e nuovi complotti. Come viene ribadito più volte nel corso degli episodi, nulla è mai come sembra ed è sempre meglio non fidarsi di nessuno – ma proprio nessuno. Il mondo fantasy in cui Matt Groening ha deciso di ambientare le avventure di Tiabeanie e compagni permette di spaziare senza limiti di fantasia. A tratti si ha come l’impressione che sia in corso la costruzione di mondi diversi in cui ambientare un videogame, più che una serie tv, che regala comunque alcuni momenti particolarmente ben riusciti. Su tutti, senza alcun dubbio, l’episodio migliore è il secondo, “Stairway to hell” (Scala per l’inferno). Anche se non siamo ai livelli de “I Simpson” o “Futurama”, tra easter eggs e citazioni, Groening si diverte a giocare con i suoi personaggi, senza però tralasciare la parte più profonda della narrazione e momenti di pura malinconia. Trova più spazio, in “Disincanto – parte 2” la figura del piccolo e tontolone Derek (che ricorda molto Ralph Winchester), mentre trova il suo riscatto la mamma Oona, determinata più che mai a tornare in mare in veste di piratessa. “Disincanto” strizza l’occhio all’ondata femminista che ha travolto il mondo dello spettacolo in questi ultimi anni, sottolineando più volte il ruolo della donna. Tiabeanie, ovviamente, porta la bandiera del “movimento”: ribelle incompresa e relegata a un ruolo che sente stretto, si pone interrogativi che risultano più attuali che mai. La stessa Dagmar, oltre che Oona, rappresenta la figura di una donna indipendente e non convenzionale, fronteggiata da una schiera di uomini che, via via che la narrazione si sviluppa, risultano essere meno forti di quanto possa sembrare (o di quanto vogliano far credere).
Questi nuovi dieci episodi di “Disincanto” si possono guardare tutti d’un fiato senza risultare memorabili ma al contempo senza mai essere noiosi. Le tematiche tirate in ballo sono tante ma, come per la prima decina, sembra che non ci sia mai il tempo effettivo di un approfondimento. Ancora una volta, quindi, ci auguriamo che lo sviluppo avvenga nella seconda stagione e che si tratti solo di dover trovare il momento giusto per “carburare”. Se, una volta finiti gli episodi, hai ancora voglia di sapere cosa succede dopo e come andrà a finire, allora vuol dire che il trucchetto ha funzionato.
Piccola nota: assolutamente da non perdere il dialogo tra Elfo e Dio.
Voto: ⭐⭐⭐