La prima domanda che viene in mente pensando a “Sotto il sole di Riccione” è: perché? Ed è una domanda che si può declinare in moltissimi modi ed è il motivo per cui questa recensione si baserà sui perché.
Perché fare un film così?
Perché guardarlo? (La risposta è quell’inspiegabile voglia di trash che fa un po’ parte di tutti noi, quel pizzico di curiosità e di masochismo ed anche un briciolo di speranza che prima o poi possa emergere qualcosa di buono dal catalogo di produzioni Netflix italiane).
Perché riprendere stereotipi di vecchi film e riproporli in chiave “moderna” senza creare mai nulla di innovativo?
Perché non riusciamo a creare un film leggero sulle vacanze estive che abbia un minimo di logica, sentimento e che non tiri in ballo qualcuno che faccia di cognome Vanzina?
Perché il ragazzo non vedente in realtà è strabico?
Perché raccontare gli adolescenti di oggi senza nemmeno chiedersi se siano anche vagamente rappresentati in maniera credibile?
Perché pensare che il target degli adolescenti meriti solo contenuti privi di ogni traccia di qualità e senso?
Perché uno che sta camminando sconsolato sulla spiaggia viene immediatamente assunto mentre in Italia, ogni giorno, migliaia di curriculum vengono inviati senza speranza?
Perché non c’è nemmeno una battuta, anche scritta per sbaglio, che funzioni?
Perché non c’è nemmeno una storia, tra i tentativi di intreccio creati, che faccia sorgere un minimo di empatia ed interesse nello spettatore?
Perché Luca Ward ha voluto distruggere definitivamente la sua immagine?
Perché Isabella Ferrari ha sempre ruoli che la mostrano come una donna isterica che sta vivendo malissimo la menopausa?
Perché non si è riusciti a generare nemmeno una scena che non sia bella ma regali almeno il trash vero e proprio, che rende preferibile a questo film una maratona di tutte le puntate di “Temptation Island” prodotte fino ad ora?
Perché fare un lungo spot Sammontana e non limitarsi a fare un breve spot Sammontana?
Perché ancora Andrea Roncato?
Perché Tommaso Paradiso?
In generale, perché?